Nel nostro blog Barocca-mente, abbiamo più volte incontrato antiquari, collezionisti e storici dell’arte che, in diverse occasioni, hanno contribuito alla riscoperta della pittura del Sei e Settecento. Questa settimana, in particolare, dedichiamo un approfondimento alla ditta Antiquaria di Alessandro Morandotti.

Alessandro Morandotti: antiquario, collezionista, editore e aforista

Alessandro Morandotti

Tra le mostre novecentesche dedicate al Seicento e Settecento, è già stata ricordata quella del 1943 sui Cinque pittori del Settecento, i cui protagonisti erano stati Giuseppe Ghislandi, Giuseppe Maria Crespi, Alessandro Magnasco, Giuseppe Bazzani e Giacomo Ceruti. Le opere erano state allestite nelle sale di Palazzo Massimo alle Colonne a Roma, sede della galleria d’arte Antiquaria fondata da Alessandro Morandotti (Vienna, 1909 – Zurigo, 1979).

Figlio di Amedeo, giornalista corrispondente estero per varie testate italiane, e di Margherita Zucker, Alessandro si laureò all’Università Bocconi e, dopo un breve periodo di lavoro alla Pirelli e nella segreteria del Teatro alla Scala di Milano, venne assunto dal mercante d’arte Adolph Loewi (1888-1977), che, all’epoca, aveva la propria attività a Venezia, a Palazzo Nani Mocenigo. Qui imparò il mestiere e così, nel 1940, quando si trasferì a Roma, aprì la propria ditta.

Gli interessi di Morandotti, in realtà, non erano limitati all’attività commerciale di antiquario: è anche conosciuto, infatti, come autore di aforismi, raccolti poi in un’antologia inclusa nel secondo volume degli Scrittori italiani di aforismi della collana I Meridiani Mondadori.

È stato poi uno dei fondatori della casa editrice Cosmopolita che, oltre all’omonima rivista settimanale uscita dal giugno 1944 al marzo 1946, stampò I dipinti della Galleria Estense di Modena di Rodolfo Pallucchini, Il manierismo e Pellegrino Tibaldi di Giuliano Briganti (entrambi nel 1945), e Le Palais Farnèse di Jacques Veysset (1948). Le proposte editoriali di tema storico-artistico avrebbero inoltre dovuto comprendere, nel progetto iniziale, anche il Bernini pittore di Luigi Grassi (poi pubblicato a Roma da Danesi nel 1945), un testo di Antonio Morassi su Giovanni Battista Tiepolo e una collana di libri d’arte appositamente destinata agli studiosi. Morandotti tuttavia fu costretto presto a ridimensionare le proprie ambizioni a causa delle difficoltà economiche della casa editrice che, già nel luglio 1946, dovette arrestare la sua attività.

Copertina del catalogo dei dipinti della Galleria Estense curato da Pallucchini, stampato da Cosmopolita, la casa editrice di Morandotti.

Eppure, Morandotti aveva voluto tentare la strada editoriale perché non prospettava un futuro felice per il mercato antiquario e, soprattutto, desiderava diversificare le proprie attività imprenditoriali per assicurarsi una rendita economica sufficiente a mettere insieme una collezione d’arte personale.

Le mostre d’arte antica di Antiquaria

Sappiamo di avere verso l’Arte un impegno che ci viene dall’attività che ci siamo eletta. Cercheremo di assolverlo, oltre che col nostro lavoro d’ogni giorno, organizzando mostre che illustrino, con scelta rigorosa e senza scopo di lucro, forme ed aspetti particolari dell’arte.

Questo è il proposito che, per dieci anni, guidò l’attività espositiva di Antiquaria, articolata in sei momenti:

  1. Mostra del paesaggio veneziano del Settecento (dicembre 1940);
  2. Mostra di pittura veneziana del Settecento (dicembre 1941);
  3. Mostra di Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844) (giugno 1942);
  4. Cinque pittori del Settecento (aprile 1943);
  5. Mino Maccari (maggio 1943);
  6. I Bamboccianti, (maggio 1950).

A eccezione della rassegna sullo scrittore, pittore e incisore Mino Maccari (1898-1989), le altre cinque erano tese a recuperare momenti, correnti e artisti della pittura del Sei e Settecento fino a quel momento trascurati.

Cortile di Palazzo Massimo alle Colonne, in corso Vittorio Emanuele II, Roma.

Tutte le mostre erano accompagnate da cataloghi che diventarono veri e propri strumenti di lavoro per gli storici dell’arte: alla prefazione, firmata da Morandotti, seguiva l’elenco delle opere esposte, delle quali veniva fornita la riproduzione fotografica, l’indicazione della provenienza, l’eventuale bibliografia di riferimento e un inquadramento stilistico nel corpus dell’artista, del quale veniva stilata una breve biografia.

Morandotti si occupava personalmente di scegliere i dipinti, spesso inediti, significativi di un particolare momento o produzione dell’artista: in questo modo, metteva davanti agli occhi dei critici problematiche ancora aperte quali, ad esempio, la formazione giovanile, le influenze e i debiti stilistici.

Collezionisti privati e opere pubbliche italiane…

Tutte le opere delle prime mostre d’arte antica provenivano da collezionisti privati tra i quali, oltre allo stesso Morandotti, compariva più volte il nome del pittore Italico Brass (1870-1943). Solo con l’esposizione dedicata ai Bamboccianti del 1950, infatti, Antiquaria riuscì a ottenere la concessione da parte dello Stato di opere delle Gallerie Pubbliche: dalla Galleria Spada, ad esempio, arrivarono cinque ottagoni di Pieter Van Laer, al quale viene fatta risalire la fortuna di questo particolare soggetto pittorico, che erano stati esposti solo in occasione del recente ordinamento e, pertanto, prima sconosciuti.

…ma una fortuna americana

Le iniziative espositive, tuttavia, non ebbero particolare fortuna nel mondo del mercato antiquario italiano del tempo, come dimostra, oltre a quello delle opere di Giuseppe Bazzani volate in America, un altro caso esemplare.

Nella mostra sulla pittura veneziana del 1941 figurava anche il celebre Ritratto di Dama con il tricorno di Giovanni Battista Tiepolo, allora di proprietà di Italico Brass, in una recensione definito «il più bel quadro forse di quanti qui sono esposti». Dispersa la collezione, anche questo dipinto finì a New York dove, nel 1948, fu acquistato dalla Kress Foundation: ancora oggi è uno dei capolavori della National Gallery of Art di Washington.