Questa settimana, il post del blog Barocca-mente riallaccia alcuni fili sparsi, qua e là, nelle puntate precedenti; insieme, formeranno un’immagine di Giuseppe Bazzani, pittore mantovano del Settecento, che ebbe grande fortuna in America.

«The excellent composition here reproduced, we may suppose a scene of a novel, represents the best qualities of Giuseppe Bazzani, the Mantuan painter whom glory re-began with Palazzo Pitti exhibition of his works. Full of virtuosity, this picture offers also the very attractive and singular colouristic taste of his author».

Questa expert opinion è firmata dallo storico dell’arte William Suida e datata marzo 1935. Ma di quale quadro stiamo parlando? Qual è la connessione con la Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento del 1922?

Riavvolgiamo il filo.

Giuseppe Bazzani, Partenza del figliol prodigo, Nelson-Atkins Museum of Art, Kansas City, Missouri (dono Samuel H. Kress Collection)

La rivelazione di Bazzani nel fasto regale di Palazzo Pitti

Salone Rosso, Appartamenti Imperiali e Reali di Palazzo Pitti. In questa sala erano esposte le opere di Giuseppe Bazzani in occasione della mostra del 1922.

Suida, in un certificato di attribuzione di poche righe, non mancava di indicare l’esibizione fiorentina come il preciso momento di rinascita della fortuna critica del pittore mantovano Giuseppe Bazzani (1690-1769). In effetti, l’artista, prima sconosciuto, non poteva passare inosservato perché gli venne dedicata l’intera sala XXVI del primo piano di Palazzo Pitti: ben quindici dipinti trovarono posto sulle pareti tappezzate di damasco rosso e ricoperte di arazzi Gobelin.

La riscoperta del mantovano, raro caso settecentesco di grande scalpore della mostra fiorentina, era dovuta a una precisa personalità: Guglielmo Pacchioni (1882-1969).

Lo zampino di Guglielmo Pacchioni

Pacchioni, che coprirà una lunga carriera di soprintendente nei musei italiani, era stato chiamato a partecipare all’esposizione tra i membri del comitato regionale lombardo in qualità di Ispettore di Palazzo Ducale di Mantova. Nella quadreria ducale erano presenti infatti quattro dipinti di Bazzani, ma Pacchioni già un decennio prima si era imbattuto in due tele dimenticate, sebbene firmate e datate, custodite nella chiesa parrocchiale di Revere (MN).

Lo stesso anno della mostra di Palazzo Pitti, uscì inoltre un suo articolo su «Dedalo», in cui provava a ricostruire il catalogo di Bazzani: impresa difficile, dovuta, soprattutto, all’imprecisione delle fonti e al problema della formazione, tematica dibattuta ancora oggi dalla critica. In questa occasione, Pacchioni provava per la prima volta a tessere una cronologia delle opere includendo anche quelle esposte a Firenze, che aveva, del resto, selezionate lui stesso.

Giuseppe Bazzani, Visione di san Tommaso d’Aquino, Mantova, Museo di Palazzo Ducale.

Le opere di Bazzani, desiderata degli antiquari

Alessandro Contini Bonacossi (1878-1955)

Dopo la mostra fiorentina e il rinnovato interesse da parte della critica, Bazzani ormai aveva acquisito una certa fama: le sue opere iniziarono a essere esposte alle mostre e a diventare oggetto di desiderio degli antiquari e dei collezionisti privati. Abbiamo visto, ad esempio, come fosse uno dei cinque protagonisti della mostra settecentesca allestita, nel 1943, a Palazzo Massimo alla Colonne a Roma.

Tuttavia, chi più fu attratto dal suo stile pittorico stravagante fu, ancora una volta, l’antiquario Alessandro Contini Bonacossi: già alla mostra del Settecento italiano del 1929 prestò tre opere di sua proprietà che erano state individuate proprio da Pacchioni. Negli anni seguenti, continuò ad acquistare altri dipinti di Bazzani, che finirono poi tutti negli Stati Uniti.

Da Contini Bonacossi alla collezione Kress

E arriviamo così all’expert opinion di Suida, con cui abbiamo iniziato questo breve viaggio. Il certificato accompagnava il primo di undici dipinti di Bazzani, venduti da Contini Bonacossi alla Kress Foundation in tre tranches.

Il 12 giugno 1935 arrivò, per primo, la Partenza del figliuol prodigo. Nemmeno un mese dopo, il 10 luglio, altri cinque: l’Uomo che ride, donato poi al Museum of Art and Archeology dell’Università del Missouri, e quattro bozzetti a grisailles, ancora oggi di proprietà privata della famiglia Kress, caratteristici del virtuosismo pittorico del mantovano ma anche di sorprendente modernità per gli effetti dinamici.

Il terzo e ultimo nucleo, infine, giunse in America il 13 marzo 1941: ne facevano parte L’incredulità di san Tommaso e una serie di quattro sovrapporte di incerta iconografia, che in questa occasione fanno la loro prima comparsa sul mercato.

Tutte le opere Kress, tranne quella acquistata per prima, tornarono temporaneamente in Italia nel 1950, in prestito alla mostra monografica su Bazzani allestita nella Casa del Mantegna a Mantova. Nicola Ivanoff, il curatore, dedicò loro un’unica sala: erano diventate, ormai, protagoniste indiscusse.