Al termine dell’esperienza come borsista del progetto Quale Barocco? della Fondazione 1563, Massimiliano Simone ci racconta la sua ricerca, incentrata sulla Mostra della Pittura del Seicento a Venezia (Ca’ Pesaro, 1959)
Una strada irta di spine
Il goldoniano professor Fiocco, acceso, avido, scattante, eppure tutt’a un tratto, remissivo e accomodante, e infine generoso, quasi patetico e lirico se concluda sull’arte e sull’ideale, trovò subito modo di annunciare che la Mostra della Pittura del Seicento a Venezia avrà un cammino pieno di spine; profezia che, del resto, manifestò anche durante la vernice a Ca’ Pesaro, un po’ strillando, un po’ lacrimando per non essere stato abbastanza consultato o per non esserlo stato affatto.
Facendo mie le parole pronunciate da Giuseppe Fiocco il giorno dell’inaugurazione della mostra sulla Pittura del Seicento a Venezia, puntualmente registrate da Leonardo Borgese nella sua cronaca apparsa sul Corriere della Sera, ho avuto ben chiaro fin dall’inizio che lo studio di tale rassegna sarebbe stato un percorso in salita. Galeotto non era solo l’interesse altalenante di studiosi e critici verso una scuola pittorica allora ancora poco conosciuta, ma soprattutto il pregiudizio che aleggiava sulla mostra veneziana, a cui la critica aveva riservato freddi consensi. Vista come il frutto di un lavoro frettoloso, l’esposizione veniva definita, forse più a torto che a ragione, un’occasione mancata.
Quella che veniva inaugurata nella cornice longheniana di Ca’ Pesaro in quell’estate del 1959, andandosi a inserire nell’ormai rodata macchina delle Biennali d’Arte Antica allestite durante la stagione estiva, la cui tradizione era iniziata nel 1935 con la mostra su Tiziano, non era un’esposizione come tutte le altre. Non lo era nelle intenzioni, in quanto alle grandi rassegne monografiche dedicate alle più importanti figure del Rinascimento e del Cinquecento veneziano, come Tintoretto, Veronese, Giorgione, Carpaccio, si andava ora a sostituire una mostra corale incentrata, per giunta, su un secolo pittorico che in Laguna – per dirla alla Roberto Longhi – sembrava «boccheggiare» dopo la morte di Tintoretto. Ma non lo era neanche dal punto di vista economico, dal momento che l’ente promotore e finanziatore di queste iniziative, ossia il Comune di Venezia, si trovava allora in pieno dissesto finanziario. L’approvazione del bilancio arrivò, in effetti, solo a fine dicembre, e il direttore delle Belle Arti Pietro Zampetti si trovò allora a dover mettere in piedi la mostra in appena sei mesi.
La facciata della Ca’ Pesaro sul Canal Grande
Invito alla cerimonia inaugurale della mostra sulla Pittura del Seicento a Venezia (Venezia, Archivio Ca’ Pesaro)
Questioni di metodo
Bernardo Strozzi, Ratto di Europa, 1640-1644, Poznań, Muzeum Narodowe (uno dei dipinti di cui venne rifiutato il prestito)
Una volta identificati i materiali d’archivio e consultato l’ampio corpus documentario, mi sono detto che avrei dovuto cercare di dare a questa rassegna la sua occasione di riscatto. È innegabile che, da spettatori esterni, la percezione che si ha di una mostra è sempre subordinata al suo risultato finale, vale a dire condizionata da ciò che l’occhio vede e che la mente comprende attraverso la successione delle opere nelle sale. Eppure, chi ha una certa dimestichezza con l’organizzazione di mostre temporanee sa benissimo che dietro la punta dell’iceberg sono molteplici i fattori che concorrono alla buona riuscita di un’esposizione, tra cui il tempo, gli spazi e il budget a disposizione, la tempestività nelle domande di prestito, i rapporti tra istituzioni, condizioni conservative delle opere scelte …
Ho voluto allora provare a immedesimarmi negli attori coinvolti, partendo dai verbali delle riunioni svoltesi tra i membri della commissione al fine di definire la lista delle opere, dando il giusto rilievo ad alcuni prestiti rifiutati per dipinti di indiscusso interesse. A questo è seguito un confronto con le recensioni pubblicate dalle penne più autorevoli del tempo e con le vedute fotografiche delle sale.
Portare in scena il Seicento nell’Italia del secondo Dopoguerra
Piuttosto didascalica la distribuzione cronologica di opere e artisti, spesso distinti per correnti pittoriche: dai manieristi, attardati seguaci dei maestri del Cinquecento, ai caravaggeschi; dalla triade dei “novatori” forestieri Domenico Fetti, Bernardo Strozzi, Johann Liss già enucleati in occasione della Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento allestita a Firenze nel 1922, ai grandi teleri religiosi; dai tenebrosi ai chiaristi, fino ad arrivare agli albori del secolo successivo con alcune figure ponte che preludono alla fortunata stagione del Settecento veneziano. Detta così può sembrare alquanto banale, eppure tale criterio ordinatore non appariva così chiaro ai visitatori dell’epoca, al punto che Antonio Morassi, su Arte Veneta, metteva di nuovo sul piatto il problema «se queste “Biennali retrospettive” del Comune» fossero «destinate agli studiosi dell’arte oppure al grande pubblico».
Malgrado le efficaci strategie di comunicazione e marketing messe in campo, nonché le iniziative collaterali volte a promuovere la mostra, come l’organizzazione di un corso di Alta Cultura sul Barocco europeo e veneziano e la ricca programmazione musicale elaborata in collaborazione col conservatorio Benedetto Marcello, la rassegna di Ca’ Pesaro era destinata, in effetti, ad accendere l’interesse quasi esclusivo degli addetti ai lavori. Unica eccezione è la visita di Giulietta Masina, presente al Lido per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, la cui notizia veniva subito trasmessa alla stampa nel solito meccanismo acchiappapubblico.
Ma, innegabilmente, gli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca riguardano gli scambi con i commissari per l’estero, primo tra tutti Wilhelm Suida, o con i conservatori francesi Charles Sterling e Germain Bazin. Così come incuriosiscono le annotazioni di colui che era stato il principale detrattore del Seicento artistico veneziano, Roberto Longhi, scrupolosamente riportate nella seconda edizione del catalogo della mostra, indiscutibilmente concepito per una ristretta cerchia di connoisseurs.
Proprio su Longhi e gli scritti sulla pittura veneta mi piacerebbe orientare le mie future ricerche …
Uno dei concerti tenutisi nel salone di Ca’ Pesaro in occasione della mostra nell’estate del 1959
Copertina del catalogo della mostra sulla Pittura del Seicento a Venezia