Nel nuovo post di Barocca-mente Paola Setaro ci parla del suo progetto di ricerca che si è appena concluso, in cui ha indagato il rinnovato sguardo su Francisco de Zurbarán durante il franchismo, in particolare attraverso la mostra madrilena del 1964 e la visione critica di María Luisa Caturla.

I luoghi della ricerca

Il lavoro di ricerca ti riserva sempre delle piacevoli sorprese, a partire dai luoghi. Sapevo fin dall’inizio del mio percorso che avrei dovuto viaggiare per conoscere più da vicino i due protagonisti del mio progetto, Zurbarán e María Luisa Caturla.

Fundación Ortega-Marañon, Madrid

Fundación Ortega-Marañon, Madrid

Diversi sono stati i luoghi della ricerca, a partire da Madrid, col Centro Studi del Museo del Prado, ubicato nel Casón del Buen Retiro, dove ho potuto ricostruire le vicende relative alla tanto attesa apertura, nel 1964, di una sala dedicata al pittore, e la Fundación Ortega-Marañon, nel cui archivio si conserva la ricca e preziosa corrispondenza tra il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset e Caturla e che ha messo in luce il tormentato rapporto di quest’ultima con il pittore extremeño.

Anche il Museo di Pontevedra, che custodisce l’archivio di Francisco Javier Sánchez Cantón, si è rivelato un’utilissima fonte per immergersi nella storia del Prado e in quella della strumentalizzazione del Siglo de Oro durante il franchismo, così come l’incontro con il nipote di Caturla mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con la sua personalità. Jaime del Val è l’unico erede non solo di gran parte delle fotografie e della biblioteca di Caturla ma anche della sua memoria, che mi ha messo a disposizione con grande entusiasmo.

Ma l’esperienza più intensa è stata viaggiare alla ricerca di alcune opere di Zurbarán esposte presso il Casón del Buen Retiro del 1964, quelle che avevano colpito la sensibilità del pubblico e riacceso il dibattito critico sul realismo del pittore. Su tutte, La Virgen niña dormida nella Collegiata di Jerez de la Frontera, gelosamente sorvegliata dallo sguardo severo dei custodi che ribadiscono con fermezza ai visitatori di non fotografare.

La mostra al Casón del Buen Retiro del 1964

Dopo le mostre del 1905 al Prado e del 1953 a Granada, fu indubbiamente quella del 1964 al Casón del Buen Retiro a costituire l’apice della riscoperta critica e della strumentalizzazione politica del pittore.

L’esposizione riscosse un grande successo tra il pubblico ed ebbe grande risonanza nazionale e internazionale grazie all’imponente campagna di comunicazione messa in atto dalla Direzione Generale di Belle Arti. I quadri esposti potevano finalmente restituire una visione a tutto tondo della parabola artistica dell’extremeño: non più solo pintor de frailes, bensì esponente di un barocco intimo e insolitamente moderno, espresso soprattutto attraverso le sue nature morte.

Zurbarán fu finalmente collocato nell’Olimpo dei pittori del Siglo de Oro, incarnando quel forte sentimento religioso alla base dell’identità spagnola, mentre il regime, in cerca di consenso, se ne appropriò per ricomporne l’unità, obiettivo avallato dalla presenza di Franco all’inaugurazione, immortalata da tutti i quotidiani nazionali.

La mostra fissò definitivamente anche in patria quella prospettiva modernista del pittore, che un critico come Roberto Longhi e un artista come Giorgio Morandi avevano già intravisto fin dagli anni Venti e che si è propagata fino ai giorni nostri, toccando il cinema e la fotografia.

Il pubblico in fila per la mostra al Casón del Buen Retiro (1964)

Il pubblico in fila per la mostra al Casón del Buen Retiro (1964)

María Luisa Caturla e il “suo” Zurbarán

Se Caturla, dopo un lungo lavoro d’archivio, non avesse scoperto la data di morte del pittore, 1664, forse la mostra al Casón non sarebbe mai nata. In relazione alla selezione delle opere e all’allestimento Caturla non incise in maniera concreta, poiché il ruolo di curatrice fu affidato a Consuelo Sanz Pastor (già direttrice del Museo Cerralbo) ma fu scelta per scrivere nel catalogo dell’esposizione.

Riconosciuta anche da Gratiniano Nieto come una delle poche persone che conoscevano a fondo il pittore, la storica dell’arte fece confluire nel volume tutte le sue pazienti ricerche. Il suo lungo saggio, dal raro rigore filologico, introduceva il lettore alla modernità di Zurbarán con quella sua peculiare vena narrativa che aveva già caratterizzato Arte de epocas inciertas.

La storica dell’arte si era avvicinata al pittore con l’obiettivo principale di restituirne una ‘biografia umana’ (che purtroppo non vedrà mai la luce in forma di monografia), ma rimarrà parcellizzata nei numerosi lavori pubblicati durante tutta la sua vita: mi resta ora da ricostruire, nelle prossime ricerche, la sua biografia umana, oltre che intellettuale.

La nomina di Caturla a "figlia adottiva" di Llerena, © Fundación Ortega-Marañon

La nomina di Caturla a “figlia adottiva” di Llerena, © Fundación Ortega-Marañon