Anche Vincenzo Sorrentino racconta, per Barocca-mente, dove lo ha portato la sua ricerca intitolata A Taste for Naples: le mostre americane degli anni Ottanta sul Seicento napoletano condotta all’interno del progetto Quale Barocco?

Dal progetto alla sua realizzazione

Archivio di Ann Percy

L’Archivio di Ann Percy donato alla National Gallery of Art di Washington D.C.

Quasi due anni fa si tenevano i colloqui con la commissione esaminatrice della Fondazione 1563 e avevo modo di presentare il mio progetto su quattro mostre di pittura del Seicento napoletano organizzate presso musei americani. Allora avevo le idee molto chiare, ma ben presto mi sono accorto che molte delle questioni che davo per assodate andavano messe in discussione e vagliate attraverso nuove fonti.

Infatti, in un primo momento, avevo ritenuto che tutte e quattro le ‘mie’ mostre americane fossero figlie del medesimo clima emergenziale, la conseguenza del terremoto in Irpinia avvenuto nel novembre del 1980. Eppure, studiandole meglio, ho scoperto quanto ciascuna di esse avesse proprie caratteristiche e specificità che la rendevano unica nel genere delle mostre d’arte antica tenutesi Oltreoceano nella seconda metà del Novecento. Il loro studio è avvenuto non solo attraverso i cataloghi e le recensioni, ma, soprattutto, grazie a un’approfondita ricerca condotta negli archivi di sette musei coinvolti come sedi espositive, organizzatori o prestatori. Così facendo, ho potuto risalire a quali erano stati i progetti originari che ciascun curatore aveva immaginato per la propria mostra; progetti scontratisi, immancabilmente, con problemi e questioni pratiche diverse.



Le mostre, in sintesi

Painting in Naples 1606-1705. From Caravaggio to Giordano non nacque come l’antologia della pittura napoletana del Seicento che sarebbe poi diventata. Fu l’occasione di far crescere la qualità media delle opere coinvolte, servendosi di un bacino ricchissimo come quello della Soprintendenza napoletana, a rendere possibile una mostra che su questi temi, per completezza e ambizione, non conosceva precedenti. In mostra non era però la sola Napoli del Seicento, ma c’era anche quella post-terremoto, bisognosa di attenzione mediatica, interesse, finanziamenti e nuovi studi. Bernardo Cavallino of Naples 1616-1656 spuntò, invece, come un fungo nella programmazione delle mostre del museo di Cleveland, frutto dell’incontro semi-fortuito tra quattro studiosi appassionatisi alla figura di un petit-maître che già contava su di una stabile fortuna primo-novecentesca. Nel 1985 “Caravaggio superstar” fu il protagonista di uno show che, a giudicare dal titolo, avrebbe voluto, invece, ridimensionarlo, rapportarlo al suo tempo, confrontarlo coi suoi contemporanei per restituire un’idea più corretta di lui e di loro. Ed è proprio The Age of Caravaggio lo show che più si giova della riscoperta del suo progetto originario con opere provenienti da chiese romane che, in prima battuta, si riteneva potessero essere prestate al Metropolitan Museum di New York. Infine, A Taste for Angels nacque dalle ricerche per un seminario organizzato da due professori dell’Università di Yale e il ruolo della soprintendenza napoletana fu di semplice consulenza. Scegliendo una scansione temporale a cavallo tra Sei e Settecento, per la prima volta negli USA si evidenziava la continuità piuttosto che la rottura tra Barocco maturo e Rococò napoletani.

Caravaggio presentazione

Presentazione alla stampa della mostra su Caravaggio del 1985

Gli anni Novanta e Duemila

Nel decennio successivo, studi monografici e altre mostre dimostrarono la raggiunta maturità degli studi sulla pittura napoletana del Seicento. Del 1992 è l’uscita della monografia su Massimo Stanzione di Thomas Willette e Sebastian Schütze, del 1999 quella su Mattia Preti di John Spike mentre incalzavano altre esposizioni: su Battistello Caracciolo nel 1991-1992 (Napoli), su Jusepe de Ribera nel 1992 (Napoli, Madrid e New York), sul Settecento napoletano nel 1993-1994 (Vienna e Napoli), su Preti nel 1999 (Napoli) e su Luca Giordano nel 2001-2002 (Napoli, Vienna e Los Angeles), tutte caratterizzate da collaborazioni internazionali. I cataloghi di queste ultime andavano aumentando in mole e in pregio e si proponevano come strumenti critici di tutto rispetto in grado di sostituirsi alle monografie e di cui servirsi per fare il punto sugli studi. Seguivano a stretto giro mostre su Giovanni Lanfranco nel 2001-2002 (Parma, Napoli e Roma), Micco Spadaro del 2002 (Napoli), Gaspare Traversi del 2003-2004 (Napoli) e Salvator Rosa del 2008 (Napoli), tutte mostre di ricerca, responsabili di importanti avanzamenti delle nostre conoscenze degli artisti. Di lì a poco, le Gallerie d’Italia di Napoli avrebbero rappresentato per i musei e le soprintendenze campane un leale competitor nelle mostre organizzate in città; basti pensare alle monografiche su due artisti misconosciuti del Seicento napoletano – Tanzio da Varallo e Giovanni Ricca – o a quella sulle collezioni di Gaspare Roomer e Jan e Ferdinand Vandeneynden, perennemente citate, ma mai, fino al 2019, esaustivamente studiate.

Tutte mostre, quelle evocate o quelle ancora da farsi, che non possono fare a meno di basarsi sull’importante stagione di grandi mostre statunitensi tenutesi a Napoli e negli USA negli anni Ottanta del secolo scorso.



Monografia Stanzione

Sebastian Schütze e Thomas Willette, Massimo Stanzione. L’opera completa, 1992

Mostra Giordano

Catalogo della mostra Luca Giordano 1634-1705 tenutasi a Castel Sant’Elmo nel 2001