Guidati da Vincenzo, questa settimana conosceremo meglio una figura di storica dell’arte americana poco nota in Italia. Ann Percy, già curatrice dei disegni del Philadelphia Museum of Art, ha condotto importanti studi su Giovanni Benedetto Castiglione e Bernardo Cavallino
La storica dell’arte
Se i nomi di Paola Barocchi e Mina Gregori, Elizabeth Cropper e Jennifer Montagu potranno risultare familiari anche ad alcuni “non addetti ai lavori”, molte altre sono le storiche dell’arte nostrane e straniere ad aver dato un contributo essenziale alla storia dell’arte italiana e le cui biografie meritano di essere più approfonditamente indagate.
Tra quelle dedicatesi più specificatamente all’arte barocca va necessariamente annoverata anche Ann Percy, nata in Virginia nel 1940 e già Mainwaring Curator of Drawings presso il Philadelphia Museum of Art, con una spiccata predilezione per la pittura del Seicento italiano, ma anche autrice di importanti studi dedicati alla grafica – principalmente, ma non solo italiana – di età moderna e contemporanea.
Italian Master Drawings, con un saggio di A. Percy, 2004
Giovanni Benedetto Castiglione, Galli e porcellini d’India (?), 1630-40 ca., Amburgo, Kunsthalle
Due artisti per le medesime iniziali
L’avvicinamento di Percy all’arte italiana si può far risalire agli studi universitari, condotti presso la Pennsylvania State University e conclusi con una tesi di laurea discussa nel 1965 e dedicata a Bernardo Cavallino, pittore napoletano del Seicento già noto a chi segue questo blog. Dopo due anni trascorsi presso il Courtauld Institute of Art di Londra, Percy si addottorava, poi, nel 1974 con un lavoro su Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, pittore genovese del Seicento che, nel 1971, era stato, nel frattempo, al centro di una mostra curata dalla stessa Percy presso il Philadelphia Museum of Art con un catalogo la cui prefazione era firmata da Anthony Blunt. Nonostante i diversi stimoli con cui la curatrice fece i conti nel corso di una lunga carriera, proprio Castiglione e Cavallino rimarranno tra le sue più grandi passioni. Nel 1984-1985 la mostra tenutasi presso il Cleveland Museum of Art, il Kimbell Art Museum di Fort Worth e il Museo Pignatelli di Napoli l’avrebbe inclusa tra i curatori, ma l’idea di organizzare una mostra sul napoletano era nata altrove già da qualche anno. Un primo progetto si doveva all’incontro tra Ann Tzeutschler Lurie, curatrice dei dipinti del Cleveland Museum of Art, e Nicola Spinosa, vicedirettore del Museo di Capodimonte, avvenuto nell’autunno del 1981 presso il Detroit Institute of Art in occasione di un simposio per la mostra The Golden Age of Naples. Art and civilization under the Bourbons: 1734 – 1805. D’altro canto, all’inizio degli anni Settanta, Ann Percy aveva già in programma di pubblicare una monografia su Cavallino, ma lo studio del corpus di Castiglione aveva congelato per anni il processo editoriale. L’idea di includere nella mostra la più giovane Percy si deve a Tzeutschler Lurie che, alcuni anni dopo l’acquisto dell’Adorazione dei pastori di Cavallino per il museo di Cleveland, aveva scritto a “Ms. Percy” (in seguito, solo “Ann”) per avere la sua opinione sulla datazione del dipinto.
Bernardo Cavallino, Adorazione dei pastori, 1650 ca., Cleveland, Cleveland Museum of Art
L’archivio della studiosa
Per ricostruire la storia dell’interesse concentratosi attorno a Cavallino nei primi anni Ottanta negli USA, ho potuto fare affidamento su di uno straordinario e insperato strumento conservato presso la biblioteca della National Gallery of Art di Washington D.C. Infatti, l’archivio privato e la fototeca di Ann Percy sono stati donati all’istituzione nel 2013 e sono costituiti da più di 32.000 foto (su diversi supporti) e dai materiali preliminari alle mostre su Castiglione del 1971 e su Cavallino del 1985, sotto forma di appunti manoscritti, taccuini, lettere, soggettari e schede bibliografiche. La consultazione esclusiva del materiale relativo alla figura di Cavallino restituisce non solo l’ampiezza dei rapporti epistolari mantenuti da Percy, ma anche le modalità di organizzazione di uno scrupoloso lavoro di tesi e del successivo tentativo di trasformarlo in un libro nell’era pre-digitale. È impressionante e, talvolta, commovente rivedere nelle varie fasi di studio appassionato e, quanto meno, ambizioso di Percy – convintamente determinata, cinquant’anni fa, a produrre la prima monografia sullo sconosciuto Cavallino – le stesse dinamiche, procedure e caratteristiche richieste ancora oggi ai cataloghi ragionati di un artista. Nella corrispondenza di Ann si trovano non solo i nomi di storici dell’arte, già ben noti allora, quali Giuliano Briganti, Raffaello Causa, Federico Zeri, Anthony Blunt, Robert Engass, Francis Haskell, Wolfgang Prohaska e Rudolf Wittkower, ma anche quelli di più giovani colleghi che avrebbero condiviso con lei la passione per la pittura del Seicento italiano e che famosi lo sarebbero poi diventati: Elizabeth Cropper, Richard Spear, Michael Stoughton e Thomas Willette. Tra appunti manoscritti su cui si è rovesciata una tazza di caffè, annotazioni vergate rapidamente dietro biglietti gratuiti ed elenchi di indirizzi delle abitazioni private di numerosi storici dell’arte romani, doverosamente ossequiati durante un soggiorno capitolino presso la Bibliotheca Hertziana, prendono forma i fondamenti degli studi su Cavallino, messi in stand-by, ma prontamente ripresi all’inizio degli anni Ottanta.
Parte dell’archivio di Ann Percy, conservato presso la National Gallery of Art, Washington D.C.
Bernardo Cavallino, Giuditta con la testa di Oloferne, 1650 ca., Stoccolma, Nationalmuseum
Un progetto che si realizza
La “seconda puntata” di questo viaggio nella preparazione della mostra Bernardo Cavallino of Naples 1616-1656 continua a circa 600 chilometri da Washington, nell’archivio del Cleveland Museum of Art. Qui la documentazione, prodotta tra il 1981 e il 1985, si fa più istituzionale, ma non meno interessante e alle questioni di studio si aggiungono quelle organizzative, legate ad una mostra in tre sedi e con numerosi prestiti nazionali e internazionali. Viceversa, andrebbe ulteriormente esplorato il filone genovese degli studi di Ann Percy che, già prima della mostra del 1971, aveva scritto diversi contributi su Castiglione e di cui resta traccia all’interno della documentazione del suo archivio privato. In questo senso, un affondo nell’archivio del Philadelphia Museum of Art presso il quale lavorò a lungo, potrebbe rivelare ulteriori sorprese.
Infine, andrà forse sottolineato come la passione per i due pittori trovi ulteriore stimolo nella coincidenza delle iniziali con cui i due firmavano i loro dipinti. E, a riprova di ciò, si noti come, fino a un articolo di Adolfo Venturi del 1921, la Giuditta del Museo Nazionale di Stoccolma fosse attribuita a Giovanni Battista Coriolano o, alternativamente, a Giovanni Benedetto Castiglione. Venturi ricondusse giustamente il dipinto al Cavallino, ma su quelle attribuzioni rivelatesi errate dovette certamente influire la sigla “BC” presente sull’elsa della spada, riemersa, grazie a un restauro, solo diversi anni dopo la felice intuizione dello studioso romano, ma certamente leggibile in antico e all’origine dell’identità fraintesa.