Il blog Barocca-mente prosegue le presentazioni dei nuovi borsisti di Quale Barocco? Antonio Cipullo ci racconta del suo progetto sulla fortuna espositiva del Barocco a Venezia.
“I piccoli mondi del rococò nostrano sono davvero parecchi, forse troppi; non si tratta però che di pianeti intorno a un unico sole: Venezia, la quale ospita di diritto questa Mostra fortunata”
Questa suggestiva immagine di Venezia come un sole, coniata da Giuseppe Fiocco nel lontano 1929, nel commento alla sezione di pittura della mostra del Settecento Italiano, risuona ancora oggi con una freschezza sorprendente. Quando ci si addentra tra i campi e le calli, si viene subito avvolti dalle vestigia della gloriosa Repubblica di San Marco.
Questa visione affascinante ha catturato la mia attenzione anni fa, nel 2013, quando ho varcato le soglie di Ca’ Foscari per i miei studi magistrali. Da quel momento, mi sono immerso completamente nel barocco veneziano, iniziando con lo studio della pittura del “Secolo difficile” per Venezia, il Seicento, per poi approdare all’analisi dell’opera di Antonio Corradini (1688-1752), uno dei protagonisti della scultura del Settecento europeo, durante il mio dottorato.
La mia passione per questo periodo ricco di sfumature affonda le radici nella complessità delle sue manifestazioni, che vanno dalle tenebre del secondo Seicento ai cieli schiariti del Settecento, riflettendo così l’originalità della civiltà veneziana. Tuttavia, questa passione non è nata solo dall’interesse accademico, ma ha origini profonde nei ricordi d’infanzia, negli sguardi ammirati di fronte alle opere di Gian Lorenzo Bernini a Roma e Luigi Vanvitelli a Caserta.
Antonio in visita a Palazzo Spinola – Musei Nazionali di Genova
Antonio Zanchi, Abramo insegna l’astrologia agli Egizi, 1665 ca, Venezia, Chiesa di Santa Maria del Giglio
Antonio Corradini, Carlo VI, 1735 ca, Vienna, Österreichischen Nationalbibliothek, Prunksaal
Giambattista Tiepolo, Allegoria del Merito accompagnato da Nobiltà e Virtù, Venezia, Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico
Una residenza sul Canalazzo per il Settecento veneziano
Il progetto che ho presentato alla Fondazione 1563 si concentra su un decennio cruciale per la fortuna espositiva del Barocco a Venezia.
Quest’epoca ha avuto inizio con la celebre mostra del 1929 – che fu un laboratorio per Nino Barbantini e Giulio Lorenzetti – e ha raggiunto il suo apice con l’inaugurazione del Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico il 25 aprile 1936, coincidendo con la festività di San Marco, seguita dalle quattro mostre settecentesche che si sono susseguite annualmente entro il 1939.
Il mio studio si focalizzerà sull’allestimento del museo, con particolare attenzione alle scelte che hanno caratterizzato l’ambientazione dei primi due piani, ancora oggi capaci di evocare lo spirito di una sontuosa residenza patrizia del XVIII secolo. Gli spazi espositivi del terzo piano, invece, si distinguono per un “more museum character”, come osservato nella recensione del Burlington Magazine di Hans Tietze del 1936.
Sarà fondamentale comprendere i prototipi di riferimento degli allestitori Barbantini e Lorenzetti e come essi si confrontarono e interpretarono le nuove istanze emerse dall’inchiesta Musées: enquête internationale sur la réforme des galeries publiques del 1930, coordinata da George Wildenstein, direttore della Gazette des Beaux-Arts. Questa indagine è stata seguita dalle conferenze di Roma nel 1931 e di Madrid nel 1934, promosse dall’Office International des Musées (IOM). Durante tali occasioni, sono state stabilite linee guida fondamentali per la museografia del XX secolo. Le riflessioni si sono concentrate su come adattare i musei alle nuove esigenze della società, esaminando temi cruciali come l’organizzazione degli spazi, l’illuminazione e la disposizione delle opere. Questi eventi hanno contribuito a delineare pratiche e standard che hanno influenzato la presentazione e la fruizione delle collezioni museali nel corso del Novecento.
Cinegiornale dell’Istituto Luce del 25/04/1936, Visita al Museo del Settecento veneziano presso il Palazzo Rezzonico
Quale Barocco a Ca’ Rezzonico?
Numerose sono le questioni che emergono nel confrontare l’ordinamento e l’allestimento di Ca’ Rezzonico all’epoca della sua apertura con gli sviluppi degli studi successivi. Fin dalla scelta del nome del museo, “del Settecento”, diventa evidente che il Seicento, pur rappresentato da diverse opere – o persino intere sale arredate con materiali del XVII secolo, come la Sala Brustolon, dove accanto al rinomato mobilio Venier si trova un soffitto di Francesco Maffei (1605-1660) proveniente da Ca’ Nani a Cannaregio – non trova spazio nella narrazione ufficiale e, anzi, è soggetto a una sorta di censura.
Inoltre, la successione dei nomi attribuiti alle sale del museo sembra riflettere la fortuna critica raggiunta da un determinato artista in quel momento storico; in questo contesto, risulta intrigante confrontare tale disposizione con lo stato degli studi dell’epoca. Se esistono le sale denominate di Longhi, Tiepolo o Guardi, non ci sarà una sala chiamata Carriera, ma piuttosto dei Pastelli, nonostante l’importanza dell’artista sia evidenziata nella guida al museo curata da Lorenzetti.
Non da ultimo, questo Barocco privilegia una narrazione che guarda oltre la grande produzione artistica di stampo allegorico-celebrativo e coinvolge tutte quelle espressioni artistiche, altrettanto distintive, che contribuirono ad alimentare la fortuna di Venezia, come la porcellana, le feste e le maschere, le lacche e le maioliche, tutti soggetti delle mostre che saranno prese in esame nella mia ricerca e nei prossimi post di Barocca-mente.
Rosalba Carriera, Giovanbattista Sartori, 1735 ca, Venezia, Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico