Quando si pensa all’arte della Russia sovietica viene subito in mente il concetto di avanguardia. Eppure, parallelamente all’arte contemporanea, in URSS continuò quel filone di ricerche sul Barocco avviato all’alba del XX secolo. Con questo post i lettori di Barocca-mente potranno scoprire le complesse vicende del Barocco tra gli anni Venti e Settanta del Novecento, in un periodo cruciale per la storia del primo stile occidentale che influenzò profondamente la produzione artistica russa.

I capisaldi della critica

I primi studi sul Barocco in Russia si basavano sulle ricerche di alcuni studiosi di lingua tedesca che, con anticipo, avevano cominciato a riflettere sullo stile di quei Paesi del Nord che, come la Russia, non avevano recepito le istanze innovative del Rinascimento italiano.

Tra le personalità che esercitarono un’influenza sugli storici dell’arte russi, un posto speciale spetta a Jacob Burckhardt (1818-1897) e al suo Der Cicerone (Basel 1855); un testo che contribuì a stabilire una terminologia specifica e la consueta successione: “Barocco-Rococò-Neoclassicismo”.

Un certo successo ebbero anche i tre volumi (Stuttgart 1887-1889) del teorico dell’arte tedesco Cornelius Gurlitt (1850-1938) dedicati al Barocco, Rococò e Classicismo in Europa. Questi fu autore anche di una storia del Barocco in Italia (Stuttgart 1887), nella quale indicò Michelangelo come «il padre dello stile che chiamiamo barocco».

Der Cicerone (Basel 1855) di Jacob Burckhardt e Geschichte des Barockstiles, des Rococo und des Klassicismus in Belgien, Holland, Frankreich, England (Stuttgart 1888) di Cornelius Gurlitt

Renaissance und Barock (München 1888) di Heinrich Wölfflin e il frontespizio della sua prima traduzione russa (San Pietroburgo 1913)

Ma il vero modello per la prima generazione di studiosi russi fu Renaissance und Barock (Stuttgart 1887) di Heinrich Wölfflin (1864-1945). Partendo da un’analisi esclusivamente formale dell’opera, lo studioso svizzero elaborò un metodo di lettura che contrapponeva la serenità, l’ordine e l’equilibrio del Rinascimento all’irrequietezza del Barocco attraverso la definizione di coppie (lineare-pittorico, forma chiusa-forma aperta, molteplicità-unità, chiarezza assoluta-chiarezza relativa, rappresentazione in piano-rappresentazione in profondità).

È opportuno ricordare che la fortuna europea delle opere citate è affrontata nella recente pubblicazione promossa dalla Fondazione 1563, La riscoperta del Seicento: i libri fondativi .

«Uno stile effimero e fastoso»

La storia della fortuna del Barocco in Russia è legata alla figura di Igor’ Grabar’ (1871-1960), uno dei fondatori del Realismo socialista. La sua teoria è espressa nella Storia dell’arte russa, frutto della collaborazione tra artisti e storici dell’arte. I primi volumi furono pubblicati già nel 1910-1912, per essere successivamente aggiornati a cura dallo stesso Grabar’ tra il 1953 e il 1969.

Sostenitore della supremazia assoluta del Barocco in architettura e del suo carattere internazionale, tendente talvolta a cancellare in varia misura i tratti distintivi nazionali, Grabar’ si interessò anche alla coesistenza storica del Classicismo e del Barocco:

Storia dell’arte russa, a cura di I. Grabar’ (1910-1913; 1953-1969)

Boris Kustodiev, Ritratto di Igor’ Grabar’, 1916, San Pietroburgo, Museo russo

Il culto del mondo antico, caratteristico del Rinascimento, non scomparve in Europa nel corso del XVII-XVIII secolo. Basti ricordare che una classe austera, come quella di Poussin, lavorava nello stesso periodo in cui il legislatore barocco Bernini scolpiva le sue statue. Allo stesso tempo, i creatori del teatro classico francese, Corneille e Racine, scrivevano le loro tragedie e Aristotele era ancora considerato l’autorità suprema, ogni cui parola aveva il significato di legge. Vitruvio, l’architetto di Giulio Cesare e Augusto, la cui opera sull’architettura era il libro da tavolo di ogni costruttore, continuava a essere un’autorità indiscussa.

Eppure, il Barocco lascia la sua impronta su tutta l’arte di quel periodo. Uno stile effimero e fastoso permea la produzione letteraria e domina l’architettura e la pittura; cancellando, talvolta, senza lasciare alcuna traccia anche le ultime impronte delle tradizioni classiche lasciate in eredità da Poussin e Claude Lorrain. Divinità pagane ed eroi mitologici sono ancora sulle pareti e sui soffitti dei palazzi e sulle tele dei pittori di corte, ma non sono più gli dèi dell’Olimpo, bensì gli dèi del Barocco. E nelle chiese, spaziose e luminose, costruite ormai più per gli spettacoli teatrali che per le preghiere, i volti degli antichi santi non sembrano più seri. Più si va avanti, più diventano allegri, più ridono dalle pareti e si precipitano sui soffitti in un turbinio di danze sfrenate.

In fondo, le accuse del Barocco di vuoto formalismo da parte di Grabar’ non sono lontane dal pensiero di Benedetto Croce (1866-1952), autore delle famose righe: «Quel che è veramente arte non è mai barocco, e quel che è barocco non è arte».

L’anti-decadenza del Barocco

Gli anni Trenta e Quaranta del Novecento registrano in URSS una grande attenzione alla produzione barocca italiana, spagnola e fiamminga. La scelta dei maggiori protagonisti di queste indagini fu dettata, in gran parte, dalle collezioni nazionali.

Tali studi furono condotti anche alla luce delle ricerche contemporanee di alcuni colleghi europei, tra cui un posto prioritario spettò a Giulio Carlo Argan, Gustav Schnürer, Wolfgang Stechow, Werner Weisbach, Victor-Lucieen Tapié, Hans Rose, René Huyghe.

Sono gli anni che videro una vera e propria ondata di importanti (e spesso prime) pubblicazioni russe su Michelangelo, Zurbarán, El Greco, Bernini, Poussin, Rembrandt, Vermeer, Rubens, Tiepolo, Tintoretto, Ribera, Velázquez, Caravaggio, Guardi, Reni e molti altri ancora.

Tuttavia, la svolta decisiva nella storia di questa ricerca avvenne negli anni Sessanta. Nel 1966 uscì un’importante pubblicazione dal titolo: Il problema degli stili nell’arte europea occidentale dei secoli XV-XVIIRinascimento, Barocco, Classicismo. Il volume nacque sulla scia di due convegni internazionali: Retorica e Barocco, svoltosi a Venezia nel 1954 e curato da Enrico Castelli, e Manierismo, Barocco e Rococò: concetti e termini, tenutosi a Roma nell’aprile 1960 e promosso dall’Accademia dei Lincei.

L’opera sopracitata fu curata da Boris Vipper (1888-1967), uno dei fondatori della scuola sovietica di storici dell’arte dell’Europa occidentale, autore della prima monografia russa su Tintoretto (Mosca 1948), nonché di uno degli articoli centrali della ricerca in questione: L’arte del XVII secolo e il problema dello stile barocco.

Alcuni studi sul Barocco pubblicati in URSS tra gli anni Trenta e Settanta del Novecento

Le conclusioni a cui arrivano gli autori del volume sono affini alla tesi di Argan espressa per la prima volta ne La Rettorica” e l’arte barocca (1955) e successivamente sviluppata ne L’Europa delle capitali (Ginevra 1964), nella quale viene del tutto smentita la tesi crociana sul carattere decadente dell’arte barocca: «Oggi sappiamo che la struttura della società moderna ha i suoi fondamenti nella cultura barocca, ciò che non sarebbe possibile se l’età barocca fosse un’età di decadenza».

Vipper scriveva nel 1966:

In primo luogo, il Barocco non è l’unico stile artistico del XVII secolo, non esaurisce l’intero contenuto ideologico dell’epoca né tutte le caratteristiche della sua visione del mondo, sebbene assorba molti elementi delle sue correnti artistiche. In secondo luogo, il Barocco non può essere caratterizzato solo come fenomeno di decadenza, decadimento, degradazione delle tradizioni rinascimentali. Il Barocco ha tendenze sia reazionarie che progressiste; distruggendo molte tradizioni classiche, produce allo stesso tempo nuovi valori di significato duraturo.

Boris Vipper (a sinistra) con lo scultore Sergej Merkurov, ca. 1950

Il problema degli stili nell’arte europea occidentale dei secoli XV-XVIIRinascimento, Barocco, Classicismo, a cura di B. Vipper, Mosca 1966

La considerazione del Barocco da parte degli studiosi sovietici nel contesto della sua natura progressista e anti-decadente si riflette anche nel pensiero dell’accademico dei Lincei (1987), Dmitrij Lichačëv (1906-1999), autore de Lo sviluppo della letteratura russa dei secoli X-XVII. Epoche e stili, pubblicato nel 1973.

Nella sua opera Lichačëv introduce la tesi di stili primari e secondari: il primo comprende lo stile romanico, il Rinascimento, il Classicismo e il Realismo, che nacquero sulla scia di grandi cambiamenti sociali e inizialmente riflettevano le ideologie progressiste delle nuove condizioni sociali. Nel secondo gruppo lo studioso annovera gli stili derivanti da quelli primari, ossia il Gotico, il Barocco e il Romanticismo. L’emergere di questi ultimi è legato alla formalizzazione dello stile primario, all’ampliamento della sua complessità, alla sua disintegrazione, al suo distacco dal contenuto e dalla realtà, all’approfondimento degli aspetti decorativi, all’interesse per i fenomeni ultraterreni, all’irrazionalismo:

Nel processo di complessità e formalizzazione di qualsiasi stile, primario o secondario, si indebolisce in qualche modo il suo legame con una particolare ideologia. In una certa misura, lo stile romanico, quello rinascimentale e classicista sono in grado di servire diversi sistemi ideologici nella seconda fase del loro sviluppo. Ma gli stili secondari, come il gotico, il barocco e il romanticismo, grazie alla loro complessità e alla maggiore “formalizzazione”, hanno un’indipendenza relativamente maggiore. Questo permette allo stile secondario di esprimere nelle sue varietà diverse aspirazioni ideologiche, fino alle più antitetiche: progressiste e reazionarie. […] Lo stesso si può notare nel barocco, che in alcune sue varietà esprime l’ideologia della Controriforma (il barocco gesuita, per esempio), e in altre i fenomeni progressisti dell’epoca.

Dmitrij Lichačëv nel suo studio, ca. 1995

A partire dagli anni Sessanta del Novecento, il Barocco cominciò a essere affrontato dagli studiosi russi proprio nella prospettiva di questo complicato processo di evoluzione criticapassando sempre più dalla periferia all’epicentro della ricerca storico-artistica: un posto che il primo stile occidentale adottato in Russia continua a occupare ancora oggi.