Dopo la pausa natalizia, Barocca-mente torna a raccontare la fortuna del Barocco nel Novecento. Questa settimana è il turno delle riviste che pubblicarono importanti ricerche sull’arte del Seicento napoletano
Sale della Scuola Napoletana (allestimento 1930-1940), Napoli, Pinacoteca Nazionale
Nell’introduzione alla mostra Painting in Naples from Caravaggio to Giordano (Londra, Washington, Parigi e Torino 1982-1983) – da cui il mio progetto prende le mosse – Raffaello Causa, soprintendente di Napoli, riconosceva alla Mostra di tre secoli di pittura napoletana, tenutasi a Castelnuovo, a Napoli, nel 1938, un ruolo fondamentale al fine di sistematizzare le conoscenze sull’arte napoletana.
Lo sforzo compiuto da Sergio Ortolani, suo curatore, era per Causa tanto più meritevole in virtù del fatto che gli strumenti allora a disposizione si limitavano alle vecchie guide di Bernardo De Dominici e Onofrio Giannone e agli studi preliminari di Roberto Longhi e di alcuni studiosi locali. In ambito partenopeo, tra la fine dell’Ottocento e il pieno Novecento, Vittorio Spinazzola, Aldo De Rinaldis e Giuseppe Ceci e, a seguire, Ulisse Prota-Giurleo e Franco Strazzullo (il solo ancora all’opera quando Causa scriveva) si sarebbero poi cimentati in ulteriori ricerche su vicende e protagonisti dell’arte napoletana in età moderna.
Riviste e pubblicazioni tra Croce e Gentile
Vittorio Spinazzola (1863-1943), di origini materane e amico di Benedetto Croce e Gabriele D’Annunzio, aveva una formazione da archeologo. Agli ultimi anni dell’Ottocento risalgono i suoi studi sulle collezioni del Museo di San Martino a Napoli, di cui era curatore dal 1898, e della Pinacoteca del Museo Nazionale. Fu Napoli Nobilissima, rivista fondata nel 1892 dallo stesso Spinazzola e da un gruppo di intellettuali napoletani (tra gli altri Croce, Salvatore di Giacomo e Michelangelo Schipa), ad accogliere diversi suoi articoli, spesso pubblicati a puntate su numeri consecutivi e con uno scarno apparato di note.
Coetaneo di Spinazzola fu l’andriese Giuseppe Ceci (1863-1938), co-fondatore, ma soprattutto autore e redattore di Napoli Nobilissima. Alla sua morte, Fausto Nicolini, ispettore generale degli archivi del Regno, restituì dell’amico l’immagine di uno studioso infaticabile, attivo dietro le quinte, altruisticamente devoto a ricerche documentarie a tappeto poi pubblicate non solo sulla ‘sua’ rivista, ma anche su Archivio Storico per le Province Napoletane, della Società Napoletana di Storia Patria, divenuto esso stesso archivio e irrinunciabile punto di partenza per le ricerche sull’arte a Napoli in età moderna. Tra le tante meritorie imprese di Ceci va anche menzionata la pubblicazione di numerosissime polizze di pagamento utili alle ricerche storico-artistiche e provenienti dagli antichi banchi napoletani, confluiti poi nel Banco di Napoli. Questa pratica, iniziata da Giovanni Battista D’Addosio, archivista della Santa Casa dell’Annunziata, divenne sistematica con Ceci.
Guardando alla sua intera carriera, a Rinaldo (detto Aldo) De Rinaldis (1881-1948) l’aggettivo “locale” si adattava poco. Eppure, quando iniziò a lavorare come ‘avventizio’ (cioè, con un incarico provvisorio) presso il Museo di San Martino a Napoli nel 1905, il riordinamento della Pinacoteca e la catalogazione di dipinti e medaglie del Museo Nazionale di Napoli erano di là da venire. Grazie a lui, nel 1911 venne licenziato il catalogo della Pinacoteca (ripreso e ampliato nel 1927) e al 1917 risale il suo primo studio autonomo su Bernardo Cavallino (riveduto e illustrato nel 1921). Prima del trasferimento a Roma, dove avrebbe diretto dapprima la Galleria Corsini e, in seguito, la Galleria Borghese (curandone i rispettivi cataloghi), tra il 1919 e il 1922 De Rinaldis co-diresse Napoli Nobilissima insieme a Ceci e iniziò a collaborare regolarmente con il Bollettino d’Arte (rivista del Ministero della Pubblica Istruzione).
La copertina del primo numero di Napoli Nobilissima (1892)
Trascrizione di una polizza di pagamento ad Artemisia Gentileschi proveniente da un giornale degli antichi banchi napoletani
Una storia di studi che continua
Tra gli studiosi menzionati da Causa, Ulisse Prota-Giurleo (1886-1966) fu probabilmente il più eclettico poiché i suoi interessi spaziarono dalla storia politica alla letteratura, dalla vita quotidiana al folklore, dalla storia dell’arte a quella della musica e dello spettacolo. Se molti dei risultati più durevoli della sua produzione ricadono proprio nell’ambito della storia del teatro napoletano, non mancarono, però, rilevanti contributi sulla pittura e la scultura, in particolare su Salvator Rosa e Cosimo Fanzago, pubblicati sia come studi autonomi sia sotto forma di articoli. Il volume Pittori napoletani del Seicento (Napoli, 1953) nasceva proprio dalla combinazione di più saggi autonomi ma che, anche attraverso le rilevanti scoperte documentarie, potevano leggersi in successione, come una storia della pittura napoletana barocca per temi o questioni (i pittori di genere, ‘lo Spagnoletto’, la data di nascita di Bernardo Cavallino…).
Infine, Franco Strazzullo (1924-2005) fu direttore dell’Archivio Storico Diocesano e dell’Ufficio beni culturali di Napoli, fondatore della rivista Partenope e membro di diverse società e accademie culturali. Su Arte Cristiana, Archivio Storico per le Province Napoletane, Napoli Nobilissima e Il Fuidoro, ‘don Franco’ scrisse, ininterrottamente e per cinquant’anni, di pittura, scultura, architettura, arti suntuarie, restauro, collezionismo, storia sociale, delle istituzioni ecclesiastiche e molto altro, facendo costante affidamento sui documenti e sull’incrocio di diversi archivi e fonti primarie e secondarie. Dopo la morte di Strazzullo, la sua memoria è rimasta viva attraverso una fondazione a lui intitolata che continua a sovvenzionare e a premiare le ricerche sulla storia dell’arte napoletana, grazie alla generosità della famiglia.
L’opera degli studiosi menzionati da Causa fu tanto più meritevole perché svolta, spesso, nell’isolamento, con scarsezze di mezzi e senza alcuna forma di tecnologia. Nella pubblicazione di materiali documentari solo sbozzati o, talvolta, anche grezzi può leggersi la grande lungimiranza di questi intellettuali. Ancora oggi, alcune delle riviste da loro fondate o sulle quali pubblicarono continuano a riservare grande spazio alle più serie ricerche sull’arte napoletana.
Bernardo Cavallino, Cacciata di Eliodoro dal tempio, Mosca, Museo Pushkin