Il post di Barocca-mente di questa settimana ci porta a conoscere una personalità critica straordinaria, quella di Otto Kurz. Lo storico dell’arte austriaco ha consegnato agli studi tasselli fondamentali per la riscoperta della pittura bolognese del Seicento, ma questo filone è stato solo uno dei suoi innumerevoli campi di ricerca.
Ragazzo prodigio
Otto Kurz nacque a Vienna il 26 maggio 1908. Il padre, Max Kurz, era un medico impiegato nel monopolio del tabacco dell’Impero austro-ungarico, e come la moglie, Anna Mandl, era giunto a Vienna dalla Moravia, la regione dell’Impero che diede i natali anche al celebre compositore Gustav Mahler (1860-1911) e a Sigmund Freud (1856-1939).
Kurz rivelò fin da piccolo le sue prodigiose capacità, quando un giorno, a scuola, fu assegnato un compito sulle gioie dell’inverno. Nel suo tema il giovane Otto scrisse solo una frase: “L’inverno non ha gioie per me”. Da adulto, raccontando questo episodio della sua infanzia, Kurz ammise di avere poi scampato una punizione solo in virtù della sua già allora approfondita conoscenza della lettura rinascimentale tedesca.
Ricevette un’educazione tradizionale, che al tempo prevedeva la frequentazione dell’Humanistisches Gymnasium (il corrispettivo del nostro liceo classico), ma sviluppò da subito una certa irriverenza verso i più tradizionali metodi di apprendimento scolastici e gli argomenti di studio allora consueti, mostrando invece precocemente la sua passione per il Barocco.
La sua sete di conoscenza lo portò a lavorare part-time alla Biblioteca dell’Öesterrichiesches Museum für Kunst und Industrie e già nel 1927 pubblicò il suo primo scritto, un commento alla mostra di arte viennese del 1777, in cui argomentava come, a suo parere, tale anno fosse stato cruciale per la coesistenza di Barocco, Rococò e tendenze neoclassiche.
Otto Kurz (1908-1975)
Julius von Schlosser (1866-1938)
Hans Tietze (1880-1954)
La scuola di Vienna e l’incontro con la pittura bolognese
Approdato finalmente all’università alla fine degli anni Venti, Kurz frequentò le lezioni di Julius von Schlosser (1866-1938), riconosciuto padre della letteratura artistica, dal quale assorbì la vocazione all’enciclopedismo, la passione erudita per l’incessante consultazione di antichi libri e vecchie guide e al contempo la vastità di respiro richiesta al grande studioso. Il legame con Schlosser fu tale che proprio Kurz sarà poi chiamato ad aggiornare a più riprese le edizioni italiane della sua Die Kustliterature, ancora oggi manuale fondamentale per lo studio delle fonti.
Kurz si formò anche con Josef Strzygowski (1862-1941), indagatore della storia dell’arte in un senso globale e dell’influenza dell’arte asiatica su quella europea, dal quale Otto carpì quell’interesse per il rapporto tra Oriente e Occidente che lo accompagnò per tutta la vita.
La personalità determinante per l’indirizzo dei suoi studi fu però Hans Tietze (1880-1954), che lo stesso Kurz definirà anni dopo l’ultimo grande rappresentante della scuola viennese di storia dell’arte.
Tietze nel 1906 aveva pubblicato un saggio pionieristico su Annibale Carracci alla Galleria Farnese di Roma e aveva inaugurato lo studio moderno dei pittori bolognesi del Seicento. Sulla strada da lui tracciata, Kurz scelse di dedicare la sua tesi di laurea a Guido Reni.
Compagno di studi del giovane Otto in questi fertili anni viennesi è Ernst Gombrich (1909-2001). Con lui instaurò una profonda amicizia, destinata a perdurare anche dopo il trasferimento di entrambi a Londra. Gombrich ricordava la gioia provata da Kurz al tempo della tesi quando si trovava a riunire il materiale su questo artista oggi celeberrimo, ma allora completamente dimenticato dalla critica, e la sua determinazione sul campo, come quando trascinarono una pesante macchina fotografica in una chiesa nei dintorni di Bologna per trarre una riproduzione di un dipinto inedito di Reni.
Da Vienna a Londra: quei fecondissimi anni Trenta
All’altezza degli anni Trenta la situazione politica in Austria come in tutta l’Europa centrale si era fatta sempre più desolante. Già ai tempi dell’università Kurz era stato attaccato da un gruppo di nazisti che lo avevano colpito con un manganello provocandogli un trauma cranico. Non era facile allora per un giovane studioso, in particolar modo ebreo, trovare lavoro. Kurz decise allora di prendere lezioni di cinese e dopo qualche anno fu assunto come assistente di Ernst Kris (1900-1957) al Kunsthistorisches Museum, dove collaborò a una indagine a sfondo psicologico e sociologico che sfociò in un celebre libro scritto a quattro mani: La leggenda dell’artista, pubblicato nel 1933. Kris raccomandò Kurz a Friz Saxl (1890-1948), altro studioso austriaco direttore della prestigiosa biblioteca dell’Istituto Warburg, che aveva allora sede ad Amburgo, dove Otto si spostò nella primavera del 1933. Le condizioni politiche divennero però ancora più critiche tanto che il Warburg e la sua biblioteca furono costretti a emigrare a Londra. Qui Kurz ebbe modo di coltivare i suoi interessi sull’Oriente, ma anche il suo originario campo di studio, l’arte bolognese del Seicento.
Attorno al 1935 Otto fu messo in contatto con un giovane studente inglese, non troppo pratico della lingua italiana, che si stava dedicando a Guercino, un altro negletto protagonista del Seicento emiliano. Lo studente era Denis Mahon. Il rapporto stretto che si instaurò tra Kurz e Mahon diede vita a un sodalizio proficuo per entrambi gli studiosi, che si consolidò in una serie di lunghi viaggi in Italia e persino in Russia e aiutò il giovane Otto in un momento lavorativo che sarebbe stato altrimenti di grande disperazione. I risultati di queste ricerche videro la luce contemporaneamente con la pubblicazione nel 1937 dei primi saggi su Guercino di Mahon e dell’ancora oggi imprescindibile saggio di Kurz su Guido Reni.
Entrata dell’attuale sede del Warburg Institute a Londra
“A Scholarly Oracle”
L’avvio degli anni Quaranta non fu per nulla facile poiché Kurz fu confinato in un campo di internamento per stranieri considerati “nemici”. Al suo rilascio ricominciò a lavorare part-time al Warburg, in cui ebbe il posto di bibliotecario nel 1943, divenendo un punto di riferimento imprescindibile, un ‘oracolo’, come ebbe a definirlo Gombrich, consultato da tutti gli studiosi. Contemporaneamente continuò a coltivare molti dei suoi interessi collaborando alla mostra fotografica sull’arte indiana tenuta presso l’istituto e scrivendo un libro diventato assai celebre: Fakes. An Handbook for Collectors and Students, commissionato da Faber and Faber e pubblicato nel 1948. La vastità dei suoi interessi crebbe decennio dopo decennio senza abbandonare la rigorosa metodologia e l’ampiezza di visione con cui trattava ogni argomento. Le sue pubblicazioni, infatti, riflettono solo in parte la vastità della sua erudizione e degli interessi da lui coltivati. Tra i suoi scritti si annoverano articoli sui temi più disparati, dall’uso di un amuleto messicano come talismano contro i calcoli renali a un libro sugli orologi europei nei paesi mediorientali. Nella maturità, oltre alla pratica sistematica dell’insegnamento, a partire dal 1965 si aprì a due vasti campi di studio: l’arte islamica e quella ebraica. Ma per tornare al Barocco si ricorda che nel 1943 su invito di Anthony Blunt (1907-1983) iniziò a catalogare i disegni bolognesi del Seicento delle collezioni reali inglesi, un lavoro che vide la luce solo nel 1955. Il celebre incipit del suo saggio denuncia il disinteresse riservato allora a questo campo di studi:
«The compiler of a catalogue of Bolognese drawings ougth to be an object for pity rather than contempt. He writes for a public that does not exist».
Un filone di ricerca oggi decisamente più fortunato, a cui questo eccezionale studioso ha fornito uno strumento basilare proprio negli anni in cui le mostre bolognesi di cui abbiamo parlato in precedenza e in cui Kurz fu coinvolto accendevano l’interesse di specialisti e non solo.
Copertina di Fakes. An Handbook for Collectors and Students di Otto Kurz pubblicato da Faber and Faber (1948)