Le pubblicazioni del blog Barocca-mente proseguono con le presentazioni delle borsiste e dei borsisti di Quale Barocco?. Oggi è il turno di Paola Setaro, con il progetto La mostra di Zurbarán al Casón del Buen Retiro nel 1964. Il ruolo di María Luisa Caturla nella rivalutazione di un pittore del Siglo de Oro tra critica, museologia e propaganda.
Napoli allo specchio
Paola nel Chiostro di San Marcellino, Napoli
Napoli si guarda allo specchio e ancora oggi rivede la Spagna. Il Palazzo Reale che si erge come un tempio, la fontana del Sebeto che fa da cornice all’orizzonte o quella dove un piccolo Carlo II ti guarda dall’alto. Allora come oggi, ogni traccia ti riporta al suo passaggio, per ricordarti che dalla Spagna non puoi scappare. O almeno è stato così per me e lo è ancora.
Quell’attrazione nata tanti anni fa per il barocco, quando un professore illuminato della Federico II di Napoli ci guidava nelle chiese o in giro per la città, alla ricerca di ciò che resisteva al passaggio del tempo, non è mai terminata. Questo dialogo ininterrotto mi ha portato una prima volta a Madrid, con un dottorato all’Università Autonoma, per indagare su Francisco de Benavides, più conosciuto come il IX conte di Santisteban del Puerto, viceré ricordato dalla maggior parte delle persone per il suo coinvolgimento nella partenza di Luca Giordano per la Spagna, ma da me per il suo grande amore per Napoli. E la seconda volta mi ha portato qui, con un progetto di ricerca che ha per protagonisti un pittore e una storica dell’arte: Francisco de Zurbarán (e la mostra al Casón del Buen Retiro nel 1964, che lo ha consacrato a protagonista del Siglo de Oro) e María Luisa Caturla, uniti da un legame indissolubile.
Ma ricostruiamo la storia con ordine.
Francisco de Zurbarán, Agnus Dei, Madrid, Museo del Prado
L’incontro con il silenzio di Zurbarán
L’arte, come la natura, ha bisogno di adorazione e mistero. E certa pittura spagnola risponde perfettamente a questa richiesta, da sempre. Per scoprirlo, basta entrare al Museo del Prado, lasciare fuori quel cielo azzurro che solo Madrid regala e immergersi in un’altra luce, quella che attraversa i ritratti di Velázquez, il cagnolino a testa in su di Goya e l’Agnus Dei di Zurbarán. Quello che li accomuna è un’impronta sacra che aspetta di essere svelata da chi guarda. Ma se Velázquez e Goya l’hanno raggiunta grazie a una buona dose di tragedia e libertà (e questo li ha resi in un certo senso inimitabili) non è stato così per Francisco de Zurbarán, il pittore che trasmetteva nei suoi dipinti un ineffabile silenzio.
Sarà per questo che ho sentito fin dal primo incontro una certa sintonia con le sue atmosfere? Per me che vengo da una città rumorosa, l’incontro con Zurbarán fu una folgorazione. Com’è possibile che un pittore barocco emani tanta quiete, mi chiesi davanti agli occhi semiaperti di un agnello che spuntava dal buio come un’apparizione.
Ieratici, tutti i protagonisti dei suoi quadri sembrano chiamarci alla contemplazione e a un pianto senza tristezza, in scene che prendono corpo (oltre che spirito) nelle brocche di ceramica, nei fiori o nei pezzi di pane, negli sguardi di monaci, sante e santi. Come la definì lo storico dell’arte Paul Guinard:
Una pittura semplice, calorosa e diretta
il cui realismo rimbalzerà con prepotenza nell’immaginario del Novecento, nelle opere di Giorgio Morandi e Salvador Dalì, fino a Pablo Picasso e al fotografo sivigliano Atín Aya.
María Luisa Caturla: una vita dedicata a Zurbarán
All’avvio della moderna storiografia spagnola su Zurbarán, una giovane borghese, viaggiatrice, colta ed emancipata, riconobbe nel pittore spagnolo tutte le qualità desiderabili per entrare a pieno diritto nel pantheon dei pittori del Siglo de Oro. Questa donna si chiamava María Luisa Caturla e in Italia è praticamente sconosciuta. Storica dell’arte di grande vivacità e spessore, amica del filosofo José Ortega y Gasset e del direttore del Prado Francisco Javier Sánchez Cantón, la sua residenza a Madrid diventò tra gli anni Cinquanta e Sessanta il punto di riferimento per gli intellettuali spagnoli.
Autrice dello straordinario e ancora attuale Arte de épocas inciertas, pubblicato nel 1944 e oggetto di indifferenza fino a pochi anni fa, dedicò tutta la sua vita di studiosa all’arte spagnola del XVII secolo e in particolare a Zurbarán.
Caturla contribuì in maniera determinante al successo della mostra, oggetto principale del mio progetto, inaugurata nel novembre del 1964 al Prado in occasione della scoperta della data di morte dell’artista. L’esposizione fu allestita nel Casón del Buen Retiro e consacrò definitivamente il pittore come uno dei migliori interpreti del barocco spagnolo, dando la spinta decisiva all’apertura di una sala esclusivamente dedicata a Zurbarán nel museo del Prado, nell’edificio di Villanueva, scelta incoraggiata dalla stessa Caturla.
Tuttavia, nonostante il suo enorme contributo alla mostra del 1964 e più in generale alla rivalutazione del pittore, la studiosa rimase esclusa dal mondo accademico e un silenzio ingiustificato ha messo in ombra la sua figura.
È allora arrivato il momento di restituirle la luce che merita, come ha fatto lei per il suo Zurbáran.
María Luisa Caturla con José Ortega y Gasset, Madrid, Fundación José Ortega y Gasset–Gregorio Marañón