Naturalismo e barocco hanno prodotto nature morte straordinarie; il post di questa settimana di Barocca-mente ci farà conoscere alcuni momenti poco noti o, al contrario, celeberrimi del rapporto tra le mostre e questo genere pittorico.

Quando e come sono nate le mostre, cioè, le esposizioni d’arte, per come le conosciamo oggi?

A questa domanda diede una risposta approfondita The Ephemeral Museum: Old Master Paintings and the Rise of the Art Exhibition, un ‘libro fondativo’ di Francis Haskell, pubblicato nel 2000 e tradotto, poi, in italiano con il titolo evocativo de La nascita delle mostre.

Dopo un’introduzione sulla ‘preistoria’ delle ‘mostre’, cioè su quelle occasioni in cui soprattutto i dipinti venivano esposti in spazi pubblici non allo scopo di essere venduti, Haskell si concentrava su alcuni casi otto e novecenteschi sapientemente ricostruiti. L’autore intrecciava e valorizzava visioni diverse, motivazioni politiche, questioni legate alla tutela delle opere conviventi e confliggenti.

All’interno delle mostre da lui prese in considerazione il genere della natura morta occupò il più delle volte un ruolo marginale, ma non è stato sempre così.

Ephemeral Museum Haskell

Copertina di The Ephemeral Museum di Francis Haskell pubblicato da Yale University Press (2000)

Copertina di Giovan Battista Marino, Amori

Luca Giordano e Giuseppe Recco, Le Ricchezze del Mare, Adelaide, Art Gallery of South Australia

Hartford Still life

Maestro della Natura Morta di Hartford, Natura morta con fiori e frutti, Hartford, Wadsworth Atheneum

La “gestazione” delle mostre

Infatti, tra i casi tardo seicenteschi, si sono rivelate di un certo interesse le mostre che si tenevano a Napoli in occasione dell’Ottava del Corpus Domini. Si tratta di una festa mobile del calendario liturgico, particolarmente sentita in Spagna e nei suoi domini, che prevedeva l’erezione di quattro altari effimeri, da cui deriva il suo secondo nome: Festa dei Quattro Altari. A Napoli, i soggetti religiosi che decoravano i quattro altari si fondevano con questioni politiche di attualità, mentre il percorso della processione si snodava lungo le strade dell’insula spagnola, un’area in cui si concentravano le botteghe dei pittori di genere, cioè gli autori di nature morte e paesaggi. Queste tipologie di dipinti, per le loro caratteristiche, potevano essere realizzate anche in mancanza di un compratore già individuato. Il grande concorso di folla e di possibili clienti rendeva la Festa dei Quattro Altari il momento ideale per mostrare al pubblico le proprie opere, ma, diversamente da quanto avveniva al Pantheon a Roma o nei chiostri della SS. Annunziata a Firenze, qui lo scopo principale era proprio quello di vendere.

Nel 1680, Luca Giordano, pittore barocco la cui fama aveva, ormai, raggiunto anche altri centri italiani ed europei, funse da ‘curatore’ o, per meglio dire, da ‘accordatore’ di una particolare operazione. I documenti dell’epoca ricorrono proprio al termine ‘accordatore’ per alludere al suo intervento su di una serie di ventuno grandi nature morte realizzate da specialisti del genere, quali Giuseppe Recco, Giovan Battista Ruoppolo e Abraham Brüghel ed esposte in via Toledo nel giugno 1680. Verosimilmente, la funzione svolta dal celebre pittore consistette nell’uniformare l’atmosfera dei diversi dipinti, anche attraverso l’inserimento di figure di cui era autore lui stesso. Diverse forme di collaborazione tra pittori di figura e pittori di genere sono note da tempo, tuttavia nel caso della festa per l’Ottava del 1680, i dati più interessanti risultano essere le dimensioni delle opere, l’ambizione del progetto e la pubblicità dell’evento.

Mostre e studi nel Novecento

Volgendo lo sguardo al Novecento e, in particolare, alla seconda metà del secolo, le mostre dedicate alla natura morta italiana, svoltesi in Italia e all’estero, sono state numerose. Molte di queste hanno rappresentato l’occasione per comunicare a un pubblico più vasto gli esiti di lunghi studi specialistici.

Come per la riscoperta di Caravaggio nel 1951, così l’anno precedente fu un anno decisivo per la natura morta, anche stavolta grazie a Roberto Longhi. Questi, in un breve articolo pubblicato su Paragone, creava alcune categorie e definiva la nascita del genere a nord e a sud delle Alpi.

Negli anni Sessanta, furono figure di studiosi i cui nomi potrebbero risultare familiari ai lettori di questo blog – Nolfo di Carpegna, Raffaello Causa e Giuseppe De Logu – a sistematizzare le conoscenze su singoli pittori, intere famiglie o alcuni sottogeneri di natura morta. Tra le mostre di questi anni ne vanno menzionate almeno due. Nel 1963 si tenne al Wadsworth Atheneum di Hartford, in Connecticut, la mostra Harvest of Plenty, dedicata a banchetti, tavole imbandite, raccolti e loro frutti; mentre, nel 1964, a Napoli, Zurigo e Rotterdam inaugurò La natura morta italiana, più ambiziosa e sistematica. Attorno a Natura morta con fiori e frutti del museo di Hartford si sarebbe poi concentrato l’interesse di Federico Zeri, tra i pionieri degli studi sulla natura morta: egli avrebbe riconosciuto nel giovane Caravaggio, attivo nella bottega del cavalier d’Arpino, il maestro di Hartford, autore riconosciuto di altri due quadri assai simili conservati presso la Galleria Borghese di Roma.

Nel 1972, Raffaello Causa tornava a scrivere nuovamente di natura morta napoletana, ma furono poi gli anni Ottanta a segnare una decisiva svolta negli studi. Non solo Luigi Salerno e Federico Zeri pubblicarono diversi contributi sul tema della natura morta in Italia, ma anche la mostra di Washington D.C. Painting in Naples 1606-1705 dedicava un saggio di Carlo Volpe ai caratteri specifici della natura morta napoletana, proprio partendo dalle già imprescindibili considerazioni di Causa.

Negli anni Novanta, altre realtà regionali, come la scuola lombarda e quella toscana, andarono precisandosi, anche attraverso studi monografici, e, nel 2003, Mina Gregori riunì in una grande mostra tenutasi a Palazzo Strozzi a Firenze – Natura morta italiana da Caravaggio al Settecento – gli esiti di più di cinquant’anni di studi, raccogliendo la sfida lanciata mezzo secolo prima dal suo maestro: Roberto Longhi.

San Gervasio Natura morta

Maestro di Palazzo San Gervasio, Natura morta con vasi di fiori, frutta, ortaggi e colomba in volo, Matera, Museo Nazionale