Questa settimana Barocca-mente introduce la figura di un importante restauratore che operò tra l’Italia e l’America, Mario Modestini, riservando particolare attenzione alle opere del Sei e Settecento. Recentemente gli è stato dedicato un libro, scritto dalla moglie e collaboratrice, Dianne Dwyer Modestini, dal titolo Masterpieces.
Via Margutta 50
Mario Modestini nacque nel 1907 a Roma sotto una buona stella. Infatti, come tanti artisti e artigiani di successo, egli fu figlio d’arte, poiché il padre era doratore, mentre il nonno materno orafo e orologiaio. Affascinato dalla professione paterna, abbandonò giovanissimo gli studi con l’intento di intraprendere la carriera di pittore.
La bottega Modestini si trovava nel cuore di Roma al civico 50 di via Margutta, quella strada leggendaria, parallela a via del Babuino, che conduce da piazza di Spagna a piazza del Popolo e che è per eccellenza da secoli una strada di artisti, artigiani e mercanti d’arte.
Non tardò poi a iscriversi alla Scuola preparatoria di arti ornamentali, frequentando il corso serale di decorazione pittorica insieme ad alcuni giovani promesse di quella che sarebbe stata poi la scuola romana, Mario Mafai (1902- 1965), Alberto Zivieri (1908-1990) e Gino Bonichi, meglio noto come Scipione (1904-1933).
La strada del restauro
La morte improvvisa del padre lo costrinse, ancora giovanissimo, a prendere in carico la bottega e il mantenimento della famiglia. Fu in quegli anni pieni di responsabilità precoci e di scelte difficili che Modestini decise che sarebbe diventato un restauratore.
Kurt Cassirer (1883-1975), studioso di architettura barocca ma anche collezionista, gli commissionò un intervento su un dipinto a fondo oro di primo Quattrocento in suo possesso.
Allora non vi erano vere e proprie scuole di restauro e il modo per imparare il mestiere era l’apprendistato presso i restauratori più esperti e affermati. Modestini tuttavia non stimava nessuno dei professionisti sulla piazza romana ed era piuttosto scettico sia sui loro metodi sia sui loro risultati.
Così si fece prestare il celebre manuale di Giovanni Secco Suardo (1798-1873), Il restauratore dei dipinti, e, unendo i precetti del libro all’esperienza intrapresa nella bottega del padre, ottenne un ottimo risultato e decise che quella sarebbe stata la sua strada.
Frontespizio della terza edizione del manuale di Giovanni Secco Suardo
Dall’Italia all’America
Sul finire degli anni Venti Modestini fu in affari con i fratelli Sestieri, personaggi di primo piano del mercato artistico romano, attraverso i quali ebbe un incarico eccezionale: Ettore Sestieri era stato nominato curatore delle aste della collezione del principe Rospigliosi, tenutesi nel 1931 e nel 1932, e commissionò proprio a Modestini il delicato compito di restaurare le opere per la vendita. Si trattò di un lavoro cospicuo da svolgere in poco tempo e fu una palestra fondamentale soprattutto per il restauro dei dipinti su tela del Sei e del Settecento, poiché la raccolta si componeva di oltre 700 opere collezionate in circa tre secoli, tra cui capolavori come il Ritratto di Clemente IX di Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio (1639-1709).
La sua fama di restauratore andava crescendo ed egli aprì insieme a un amico una galleria in via del Babuino. Nel 1944 divenne socio dello Studio d’Arte Palma nel quale poté allestire un laboratorio di restauro all’avanguardia. Proprio tra il 1944 e il 1945 nei locali dello Studio si tenne una mostra sulla pittura del Seicento curata da Giuliano Briganti (1918-1992) , nella quale furono esposte opere di Orazio Gentileschi (1563-1639), Bernardo Strozzi (1581-1644), Francesco Furini (1600-1646), Elisabetta Sirani (1638-1665) e Guido Cagnacci (1601-1663), solo per fare alcuni nomi. In quegli anni Modestini strinse una serrata rete di conoscenze con Federico Zeri (1910-1998) e Gualtiero Volterra (1901-1967), agente dei celebri collezionisti noti per i loro rapporti con l’America, i conti Contini Bonacossi, per cui Modestini iniziò ben presto a lavorare. Ed è proprio grazie alla segnalazione che Alessandro Contini Bonacossi (1878-1955) fece ai suoi migliori clienti d’Oltreoceano, Samuel Henry Kress (1863-1955), iniziatore della celebre collezione, e suo fratello Rush Harrison (1877-1963), che nel 1949 Mario Modestini si trasferì negli Stati Uniti e iniziò a lavorare per la Kress Foundation. Gli interessi e le pressioni relative a questo ruolo delicato non furono poche ma dovette essere decisiva una lettera scritta da Contini Bonacossi a Rush Kress in cui si diceva:
Mario Modestini è il miglior restauratore del mondo ma non fargli sapere che l’ho detto, perché potrebbe montarsi la testa
Samuel H. Kress
Alla Kress Foundation
Approdato in America definitivamente, Modestini riuscì ad ambientarsi grazie all’amicizia stretta con un altro personaggio chiave della squadra Kress, Wilhelm Suida (1877-1959), lo storico dell’arte viennese che dal 1947 era curator of Research della fondazione. A New York Modestini ebbe l’occasione di allestire un grande laboratorio di restauro con molti collaboratori scelti nel grattacielo della Carnegie Hall. Ben presto, però, a causa del conflitto in Corea si iniziò a temere che la città potesse essere un bersaglio e fu costruito un rifugio per i dipinti presso una villa di campagna di proprietà della famiglia Kress, denominata Huckleberry Hill, in Pennsylvania. In questa località, che garantiva una sorta di isolamento, fu allestito anche un laboratorio di restauro con un’équipe di circa dieci persone che si dedicava agli interventi di cui necessitavano i dipinti.
La rete di relazioni che Modestini riuscì a mantenere e intessere tra i due lati dell’oceano è impressionante. Tra queste vi è anche l’amicizia con Federico Zeri il quale dedicò in seguito parole di lode a questo professionista fuori dal comune:
Debbo dire che per me Modestini è una rara avis se non un unicum: eccellente restauratore, egli è (cosa inaspettata) anche un grande conoscitore di quadri, dall’occhio infallibile
Ma per sapere di più sui capolavori restaurati da Modestini nel corso della sua carriera americana, continuate a seguire i nostri post
Rush H. Kress e Mario Modestini
Il laboratorio in cui lavorava Mario Modestini ad Huckleberry Hill