Il blog Barocca-mente prosegue con la presentazione di Serena Quagliaroli, ricercatrice dell’Università degli Studi di Torino e collaboratrice della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, impegnata, nell’ambito di Quale Barocco?, nel progetto Conservazione green per il patrimonio e le residenze del Barocco.
Un’arte… stucchevole?
“so stucco di quelli stucchi”: così si concludeva una lettera del 1532 scritta dal vescovo Mario Maffei, esasperato dal prolungarsi dei lavori alla tomba del fratello Raffaello, nella chiesa di San Lino a Volterra. Nonostante si fosse optato per completare l’apparato marmoreo con degli inserti in stucco proprio allo scopo di accelerare i tempi di realizzazione del monumento, Silvio Cosini, lo scultore su cui si era fatto affidamento – che poteva vantare esperienze a fianco del grande Michelangelo – tardava a concludere.
Per lamentare la snervante attesa, dunque, persino un grande estimatore degli stucchi come Maffei, che di questa tecnica antica aveva potuto saggiare le reinterpretazioni datene dall’entourage di Raffaello nel cantiere della villa medicea di monte Mario (oggi villa Madama), ricorreva a un gioco di parole che faceva leva sull’accezione negativa che ancor oggi reca con sé l’aggettivo “stucchevole”.
Per quanto mi riguarda, invece, dopo diversi anni dedicati allo studio di questa tecnica, non posso dirmi certo “stucca”.
Serena nell’oratorio di Santa Cita a Palermo
L’inizio di una lunga storia
La galleria degli Stucchi di palazzo Capodiferro Spada a Roma
Eppure, non è sempre stata questa la mia passione. Quando mi iscrissi alla Triennale in Lettere Moderne a Bologna ero attratta dall’Espressionismo tedesco e fu solo nel corso del secondo anno che virai verso l’arte della prima Età Moderna. Dopo la Magistrale in Arti Visive (sempre a Bologna) e la Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici a Milano, è stato durante gli anni romani del mio dottorato che si è concretizzato un nuovo percorso, costellato di ricerche, progetti ed eventi principalmente legati alla decorazione a stucco. Un percorso che ha trovato uno dei suoi momenti più significativi nella fondazione del Centro Studi per Storia dello Stucco in Età Moderna e Contemporanea.
Ricordo distintamente come tutto ebbe inizio. Era un sabato mattina del dicembre 2015 e, insieme ad alcuni professori e colleghi, mettevo piede per la prima volta a palazzo Capodiferro Spada, a Roma. La parte seicentesca dell’edificio è celebre tanto per la Galleria Spada, custode della collezione famigliare avviata dal cardinale Bernardino Spada e accresciuta dal nipote Fabrizio, quanto per la cosiddetta “Prospettiva” di Francesco Borromini, un eccezionale esempio dell’amore per l’artificio in Età Barocca. Il piano nobile del corpo cinquecentesco del palazzo, di difficile accesso in quanto sede del Consiglio di Stato, è invece una delle più eloquenti testimonianze dei vertici di virtuosismo raggiunto dall’arte decorativa del Cinquecento, in gara, per preziosità e ricercatezza, con i più noti cicli barocchi orchestrati da Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini o Giacomo Serpotta.
Migrazioni ad arte
Santuario della Madonna d’Ongero, Carona (CH)
Da quel dicembre in poi, mi sono dedicata – anche se non in maniera esclusiva – allo studio dell’impiego dello stucco nei complessi decorativi, guardando con sempre maggior attenzione anche gli aspetti materiali e tecnici e alle problematiche connesse alla conservazione e al restauro.
Negli anni da ricercatrice Post-Doc presso l’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana, ho avuto diverse occasioni per approfondire il determinante contributo offerto dagli artisti provenienti dagli attuali Lombardia e Canton Ticino al proliferare di questa tecnica e alla sua diffusione su scala internazionale. Questi “migranti dell’arte” furono infatti in grado di trovare apprezzamento e grande successo nelle diverse corti, città e realtà europee almeno sino all’avvio del XIX secolo.
Oratorio degli Imbonati a Cavallasca (CO)
Residenze che lasciano di stucco
Nel febbraio 2022 ho preso servizio come Ricercatore a tempo determinato di tipo A presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino, inaugurando una collaborazione con la Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura e il mio coinvolgimento nel progetto Quale Barocco?. Questa nuova esperienza torinese mi vede impegnata in un progetto finalizzato allo studio delle tecniche artistiche e delle operazioni di restauro e di allestimento museale connesse agli apparati decorativi del periodo Barocco, al fine sia di sviluppare strategie green per la conservazione programmata e il restauro, sia di individuare nuovi strumenti per la digitalizzazione e la divulgazione.
L’obiettivo è infatti duplice: conservare per comunicare / comunicare per conservare, per garantire un futuro a un patrimonio artistico di capillare diffusione ma di cui si ha ancora scarsa consapevolezza e sul quale, infatti, tornerò nei prossimi post…
La volta della Sala di Diana nella Reggia di Venaria Reale (TO)