Dopo aver sentito tanto parlare di Bernardo Cavallino, con il post di questa settimana di Barocca-mente conosciamo meglio un altro indiscusso protagonista della pittura napoletana, ma dall’identità contesa: Jusepe de Ribera.

Sebbene troppo di frequente si sia guardato al Seicento come al secolo di Caravaggio, in realtà, l’ondata del caravaggismo ebbe tempi e modi assai diversi e, spesso, furono suoi seguaci – e non allievi – a diffonderne lo stile anche in centri della penisola italiana in cui l’artista aveva soggiornato per brevi periodi o addirittura in cui non era mai stato.

È questo certamente il caso di Jusepe de Ribera, pittore spagnolo nato a Xàtiva, vicino Valencia, nel 1591, che conobbe pochi rivali sulla scena artistica napoletana della prima metà del Seicento: pittore di fiducia di diversi viceré, ottenne, all’apice della carriera, le più prestigiose commissioni a Napoli e per la Spagna.

 

Ribera sileno

J. de Ribera, Sileno ebbro, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte (dettaglio con la firma dell’artista)

Copertina di Giovan Battista Marino, Amori

J. de Ribera, Il Gusto, Hartford, Wadsworth Atheneum

Una prima biografia “di parte”

Una più precisa valutazione del successo avuto da Ribera, conosciuto anche come ‘lo Spagnoletto’ per la sua origine iberica, è un’acquisizione recente. Infatti, la sua provenienza e, al contempo, l’attività prevalentemente napoletana rendevano il pittore un soggetto di studio problematico, denigrato sia dai ricercatori nostrani sia da quelli spagnoli. Bernardo De Dominici, il biografo napoletano autore delle Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, poneva Ribera all’inizio del terzo tomo della sua opera, come a segnare il nuovo corso che l’attività dell’artista avrebbe dato all’arte napoletana, ma, in un gioco di contrapposizioni frequenti all’interno delle sue Vite, opponeva alla “spacconeria” del pittore straniero la bonomia di quello genuinamente napoletano: Massimo Stanzione. In una ricostruzione particolarmente fantasiosa, De Dominici arrivava a negare la nascita spagnola di Ribera, sostenendo fosse venuto alla luce a Gallipoli da padre spagnolo e aggiungendo che 

“Egli è vero che Giuseppe solea nominarsi alcuna volta e scriversi spagnolo, ma ciò egli facea per alteriggia, credendo poter meglio torreggiare, facendosi riputar della nazion dominante, al che era stato avvezzo da suo padre, il quale, peccando ancor egli di superbia, stimava poco gli uomini italiani”

Andrà ricordato come l’impresa editoriale di De Dominici fu pubblicata nei primi anni Quaranta del Settecento, in pieno periodo borbonico. Allora il viceregno e tutto quanto si legava al dominio degli Asburgo di Spagna si tingevano di tinte fosche e di una lettura fortemente stereotipata.

Mostre e nuove scoperte

Mostre su Ribera si sono tenute solo negli ultimi decenni del Novecento.

Nel 1968 e nel 1973 erano stati proposti due campioni della sua produzione rispettivamente dal Finch College Museum of Art di New York e, congiuntamente, dall’Art Museum di Princeton e dal Fogg Art Museum di Cambridge (Mass.): Five Graphic Artists of the Seventeenth Century e Jusepe de Ribera: Prints and Drawings. E, se nel primo caso facevano compagnia al pittore altri artisti quali Pietro Testa e Simone Cantarini, in entrambi si prendeva in esame esclusivamente la produzione grafica (disegni e incisioni) del pittore. Sono, però, gli anni Ottanta quelli della riscoperta del pittore, sia attraverso la sua prima monografica al Kimbell Art Museum di Fort Worth, curata da Craig Felton, sia attraverso quelle di Vienna e di Valencia e Madrid, sia, infine, attraverso il mercato antiquariale. Nel 1992, una grande mostra, frutto della collaborazione tra Metropolitan Museum of Art di New York, Museo del Prado di Madrid e Soprintendenza per i beni artistici e storici di Napoli, consacrò definitivamente l’artista. Da allora, Nicola Spinosa – uno dei curatori della mostra – ha  pubblicato tre versioni aggiornate del suo Ribera. L’opera completa, nel 2003, 2006 e 2008. Tra le scoperte recenti più interessanti, c’è senz’altro il ritrovamento del “processetto matrimoniale” dell’artista, datato 7 novembre 1616, che ha permesso di datare con precisione l’unione con Caterina Azzolino, figlia del pittore Giovan Bernardino detto “il Siciliano”. Inoltre, all’interno del documento trovava attestazione un precedente soggiorno del pittore a Roma (1606-1616). Questo nuovo dato ha permesso, negli ultimi anni, di tornare nuovamente ad interrogarsi sull’ampiezza della sua prima produzione romana, confermando poi il ruolo molto limitato che lo studio della pittura spagnola svolse nella formazione del pittore.

Metropolitan Ribera 1992

L’ingresso sulla Fifth Avenu del Metropolitan Museum of Art, New York, con il banner della mostra su Jusepe de Ribera, ottobre 1992

Ribera goes pop

Come anticipato, la mostra newyorkese del 1992 fu particolarmente importante per diffondere il nome dell’artista tra il pubblico generalista, ma non si limitò a far questo. È, probabilmente, una polemica tra “addetti ai lavori” che giunse fino alle pagine della rivista “Art News” del febbraio 1993 l’elemento più singolare dell’interesse generato dalla rassegna. Jonathan Brown, professore presso l’Institute of Fine Arts della New York University, riteneva che l’Issione di Ribera del Museo del Prado di Madrid fosse stato appeso per più di trecento anni ruotato su di un lato. Di tutt’altro avviso era, invece, Keith Christiansen, curatore del MET, che ne difendeva l’orientamento tradizionale. Secondo il mito, il gigante Issione, colpevole di aver sedotto Era, moglie di Zeus, era stato legato per l’eternità a una ruota, azionata da un demone nel quadro riberesco. Già in un articolo scientifico del 1979, Brown aveva fatto notare come solo ruotando il dipinto il carnefice avrebbe potuto muovere la ruota non coricato sulla schiena. Christiansen, viceversa, credeva che il personaggio non fosse disteso e che, ruotato di novanta gradi, Issione rovinasse al suolo e il demone si trovasse incastrato tra i raggi della ruota. Mentre il quadro era riprodotto in catalogo in verticale per la prima volta, altri storici dell’arte erano interpellati al riguardo e financo i lettori della rivista si schieravano a favore di una composizione orizzontale. Nell’aprile di quello stesso anno, con una breve lettera indirizzata ad “Art News” era, però, lo stesso Brown a smentirsi. Il ritrovamento di una firma autentica, in seguito a un restauro, poneva fine alla questione: il dipinto andava appeso orizzontalmente, sebbene, chiosava ancora Brown, “la composizione è condannata ad essere ambigua”. Di certo, durante i due mesi trascorsi al MET, l’Issione di Ribera ricevette un’attenzione mai replicata nei suoi 391 anni di storia.

Ribera Issione Prado

J. de Ribera, Issione, Madrid, Museo del Prado (disposizione tradizionale)

Ribera Issione

J. de Ribera, Issione, Madrid, Museo del Prado (disposizione secondo Brown)