Nel post di oggi di Barocca-mente si racconta una grande esposizione dell’arte russa, tenutasi a Parigi nel 1906, in cui, accanto alle opere dell’età barocca, un posto prioritario occuparono le raffinate immagini neobarocche e neorococò ispirate all’estetica della ‘società galante’ del XVII-XVIII secolo.

Exposition de l’Art russe (1906)

Nell’autunno del 1906, nell’ambito del Salon d’Automneinaugurato tre anni prima dall’architetto e critico d’arte belga Frantz Jourdain e guidato da Pierre-Auguste Renoir – fu presentata l’Exposition de l’Art russe. In quell’occasione, l’annuale esposizione d’arte parigina, che si era sin da subito affermata come la più all’avanguardia della capitale francese e che sarebbe riuscita a mantenere questo titolo per oltre mezzo secolo (prima che tale fama passasse alla Biennale di Parigi), offrì all’attenzione del pubblico ben 750 opere realizzate da più di 120 artisti.

Le dodici sale del Grand Palais, decorate seguendo il raffinato progetto dello scenografo che presto si sarebbe procurato una fama internazionale, Léon Bakst, erano gremite di antiche icone e quadri che spaziavano dalla ritrattistica barocca del primo Settecento al paesaggismo romantico dell’inizio del XIX secolo, all’arte realista dei pittori itineranti e, infine, al Simbolismo primonovecentesco, che avrebbe presto aperto la strada alle grandi avanguardie del XX secolo. I dipinti erano appesi su sfondi appositamente ideati e tutte le sale erano decorate da oggetti dell’industria artistica e  sculture.

Va precisato che il nucleo dell’Exposition del 1906, costituito dai ritratti, era stato esposto a San Pietroburgo nel Palazzo di Tauride l’anno precedente con il titolo Mostra storico-artistica dei ritratti russi. Circa 2000 ritratti (tra cui tante novità e attribuzioni), molti dei quali non erano mai usciti da collezioni private, furono accolti con grande entusiasmo. Come testimonia la stampa contemporanea, i turbolenti eventi rivoluzionari che si stavano verificando in Russia non oscurarono in alcun modo l’attenzione del pubblico per questo “festival della cultura nazionale”.

Tuttavia, nel caso di Parigi, si trattava della prima grande esposizione dell’arte russa all’estero. Ma chi era il promotore principale di questa impresa?

Catalogo della mostra Exposition de l’Art russe (Paris, Grand Palais, 1906)

Una delle sale del Grand Palais durante l’Exposition de l’Art russe, allestimento a cura di Léon Bakst, Parigi 1906

Una delle sale del Palazzo di Tauride durante la Mostra storico-artistica dei ritratti russi (XVII-XIX sec.), allestimento a cura di Eugene Lanceray e Léon Bakst, San Pietroburgo 1905

Un “ciarlatano” e un “ammaliatore”

Léon Bakst, Ritratto di Sergej Djagilev, 1906, particolare

Questa mostra è una panoramica dello sviluppo della nostra arte vista con l’occhio moderno. Sono rappresentati tutti gli elementi che hanno avuto un impatto immediato sullo spirito contemporaneo del nostro Paese. È un’immagine fedele della Russia artistica di oggi, con il suo sincero entusiasmo, la rispettosa ammirazione per il passato e l’ardente fiducia nel futuro.

Sono le parole del curatore della mostra del 1906, allora poco più che trentenne, Sergej Djagilev (1872-1929). Giovane di provincia trasferitosi a San Pietroburgo nel 1890 per studiare legge, Djagilev fu inizialmente trattato dai suoi compagni, per lo più intenditori d’arte e futuri famosi artisti, con un atteggiamento piuttosto sprezzante. Egli stesso, che a distanza di pochi anni sarebbe diventato uno dei più noti impresari d’Europa del XX secolo, era ben consapevole dei suoi limiti come anche dei suoi punti di forza, tra cui quello che gli amici chiamavano «la publicité, il business della propaganda». Egli scrisse su di sé all’età di 23 anni:

Sono, in primo luogo, un grande ciarlatano, anche se brillante; in secondo luogo, un grande ammaliatore; in terzo luogo, un uomo impertinente; in quarto luogo, un uomo con molta logica e pochi principi; in quinto luogo, sembro essere un mediocre; sembra, tuttavia, che abbia trovato il mio vero scopo: il patrocinio delle arti. Tutti dati, tranne il denaro, ma quello arriverà.

Entusiasta, negli anni Novanta dell’Ottocento Djagilev partì per l’Europa con l’intento di aggiornarsi sulle tendenze artistiche allora in risalto e di dedicarsi al collezionismo. Al rientro cambiò drasticamente: divenne un raffinato conoscitore dall’arte non solo dell’epoca a lui contemporanea ma anche del Barocco europeo. Portò in patria la sua prima collezione di dipinti, tra cui un posto prioritario spettava ai simbolisti francesi più richiesti dell’epoca, tra cui, ad esempio, Pierre Puvis de Chavannes. Furono gli anni in cui Djaghilev si prefissò l’obiettivo principale della sua attività: la propaganda dell’arte russa in Occidente. E la mostra parigina in esame fu solo il suo primo debutto internazionale.

“Tempi di grande raffinatezza”

Eugene Lanceray, L’imperatrice Elisabetta Petrovna nella sua residenza Tsarskoe Selo, 1905

La peculiarità dell’Exposition de l’Art russe fu quella di aver unito negli stessi spazi espositivi la produzione artistica dell’età barocca con le opere neobarocche e neorococò di artisti contemporanei. Così alla mostra erano presenti numerose raffigurazioni di cacce imperiali, balli e lussuosi festeggiamenti di corte, scene di intrighi amorosi e incontri segreti nei raffinati giardini sei-settecenteschi, tutti risalenti ai primi del Novecento. Tale interesse per un lontano passato, visto come un’epoca spensierata e piena di raffinata bellezza, che il critico Igor’ Grabar’ avrebbe definito “una retrospettiva sentimentale”, trovò la sua massima espressione nelle immagini di Konstantin Somov, Valentin Serov, Eugene Lanceray, Léon Bakst e Alexandre Benois. Quest’ultimo, uno dei curatori della mostra, nel descrivere la sua arte e quella dei suoi colleghi la definì come «letteraria, che ama la ricerca di sensazioni care a tempi di grande raffinatezza, che si diletta in una dolce passeggiata nel passato, e si dedica al culto dell’intimo, del prezioso e del raro».

Decine di immagini, ispirate all’estetica delle corte di Luigi XIV e definite dal critico Vittorio Pica come «artificiosamente ma leggiadramente scenografiche, preziose, raffinate, letterarieggianti, alla ricerca della suggestione e della leggiadria decorativa alquanto manierata», suscitarono la curiosità del pubblico parigino all’indomani della Rivoluzione del 1905. Nella prefazione al catalogo, Alexandre Benois poneva una domanda retorica:

In effetti, non c’è nulla in questa mostra che possa evocare la terribile crisi che affligge il nostro Paese, che è una delle cause principali delle oscure preoccupazioni di oggi. Non è forse questa la conseguenza del grande isolamento che regna tra gli artisti e il resto della società, o la crisi attuale non tende a far sì che il movimento puramente politico non raggiunga la sfera dei sogni e delle idee pure?

Una pagina del catalogo del 1906 e il ritratto di Dmitrij Levitskij di due damigelle della corte di Caterina II, una delle quali è travestita da uomo, 1773

Una pagina tratta da L’arte mondiale alla VII Esposizione di Venezia e Una dama che si toglie la maschera di Konstantin Somov (1905)

Il successo della mostra fu enorme: tale da permettere agli organizzatori di ripeterla l’anno seguente prima a Berlino, presso la Galleria di Eduard Schulte, e poi in Italia, nell’ambito della VII Esposizione di Venezia. Il critico Pica ricordava:

Nessuna sala, adunque, dell’attuale mostra veneziana possiede una maggiore dose di nuovo ed una maggiore attrattiva d’inedito della sala russa ed è più che naturale che essa, fra tutte, sia sempre la più affollata e quella in cui più vivacemente si commenta e si discute.

Konstantin Somov, Una ragazza in abito rosso (Ragazza con lettera), 1912

Konstantin Somov, In riva allo stagno, 1896

Alexandre Benois, Commedia italiana, 1906

La mostra del 1906 segnò l’inizio di un’epoca di promozione dell’arte russa all’estero da parte di Djagilev e dei suoi talentuosi collaboratori, artisti scenografi Léon Bakst e Alexandre Benois. Meno di tre anni dopo, sempre a Parigi, debuttarono i celeberrimi Ballets russes e con essi il nome di Djagilev e la compagnia entrò nella storia. L’interesse per il Neobarocco e il Neorococò, a sua volta, suscitato da questi giovani artisti rappresentati al Salon d’Automne del 1906, contribuì al successo delle mostre sull’arte e sulla cultura barocca che si sarebbero susseguite negli anni a venire.