Il post di Barocca-mente di questa settimana racconta il successo internazionale delle mostre e degli studi dedicati a Guido Reni nel 1988, che lo collocarono tra i maggiori artisti del barocco europeo.

«Mezzo mondo» per Guido Reni

La mostra nelle sale del Kimbell Art Museum, sul fondo La consegna delle chiavi (già Fano oggi Louvre)

La mostra nelle sale del Kimbell Art Museum, sul fondo La consegna delle chiavi (già Fano, oggi Louvre)

Ci sono momenti, nella storia della critica d’arte, che segnano svolte senza ritorno per la riscoperta dell’arte barocca. Uno di questi fu il 1988, l’anno di Guido Reni.

In quell’anno il pittore bolognese divenne protagonista incontrastato degli eventi e delle manifestazioni d’arte. Venne scelto per una doppia esposizione che, dopo la prima mostra tenutasi a Bologna nel 1954, ne permetteva ora l’ammirazione al pubblico di tutto il mondo. Furono la storica mostra “Guido Reni 1575-1642”, che si divise fra Bologna e gli Stati Uniti, e “Guido Reni und Europa. Ruhm und Nachruhm” (Guido Reni e l’Europa. Fama e Fortuna).

Fu un’operazione a quattro teste: la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il County Museum di Los Angeles, il Kimbell Art Museum di Forth Worth (Texas) e la Schrin Kunsthalle di Francoforte, nuovo centro espositivo nato sulla “collina dei Romani” della città.

Al tavolo dei lavori si riunirono Andrea Emiliani, direttore della Pinacoteca, e Sir Denis Mahon, ormai affiliato agli studi dell’arte bolognese dopo il suo contributo alla mostra carraccesca e ai suoi studi su Guercino; Sidney Freedberg, conservatore onorario presso la National Gallery di Washington, e Erich Schleier, curatore della pittura italiana presso la Gemäldegalerie di Berlino.

Come ebbe a intitolare la sua recensione sul Giornale dell’Arte Sybille Ebert-Schifferer, che diresse l’evento espositivo a Francoforte, fu “mobilitato mezzo mondo per collocare Guido Reni fra i grandi europei”.

Un’operazione transatlantica

La mostra di Bologna ebbe tre tappe e si trasferì prima sul Pacifico, a Los Angeles, e poi a Forth Worth nella primavera del 1989.

Era stata proprio una nuova stagione museografica dei musei americani, che si erano interessati alle opere di Guido, a far nascere oltreoceano il desiderio di rivedere il percorso dell’artista.

Furono in effetti le amicizie scientifiche internazionali dei curatori a permettere che l’impresa si allargasse oltre i confini europei.

I prestiti, che provenivano da musei di tutto il mondo, parlavano da soli e riflettevano l’enorme sollevamento di interesse che suscitò l’artista.

Degli 80 dipinti confluiti alla mostra, ben 20 venivano da musei e collezioni statunitensi, che volevano esibire i loro ultimi acquisti: il County Museum, per esempio, possedeva da qualche anno il celebre Ritratto del Cardinale Roberto Ubaldini, e aveva appena acquistato una versione di Bacco e Arianna, che mostravano tutto lo splendore di un Guido Reni degli anni Venti all’apice della fama europea.

Reni, Ritratto Ubaldini, LACMA

Guido Reni, Ritratto di Roberto Ubaldini, 1625 ca, Los Angeles, County Museum of Art

Guido Reni in America: un ritratto a metà?

Copertine catalogo mostra Reni

Le due copertine dei cataloghi in edizione italiana e americana (1988)

La coda all’ingresso della mostra Guido Reni 1575-1642 a Bologna (1988)

Erano passati quasi trentacinque anni da quando Cesare Gnudi aveva proposto al pubblico per la prima volta Guido Reni, con la storica mostra allestita a Bologna nel 1954.

In quell’occasione un giovane Andrea Emiliani raccontò di aver “percorso l’Italia in camion” per ritirare le grandi tele che, ripulite, mostrarono al pubblico l’emergere di un nuovo pittore bolognese.

Con i nuovi studi usciti nel 1988, come il catalogo dei dipinti di Stephen Pepper e la scoperta dell’inventario testamentario rivelato da John Spike, nasceva un ritratto a tutto tondo dell’artista, accompagnato dallo studio sulla sua fortuna europea a Francoforte.

Purtroppo, non tutti i dipinti di Guido attraversarono effettivamente l’oceano: opere capitali quali la Strage degli Innocenti (1611), la Pietà dei Mendicanti (1616), la Pala della Peste (1630) e la Pala di San Giobbe (1636) non arrivarono mai negli Usa ma furono esposte solo a Bologna.

Assai simbolica fu la scelta di dare al catalogo, che fu prodotto in due edizioni italiana e statunitense, una doppia copertina, in base alle opere maggiormente pubblicizzate ai due lati dell’Atlantico: la Strage a Bologna, il Bacco e Arianna di Los Angeles dall’altra.

La mostra di Bologna ebbe un successo clamoroso e contò l’apice degli incassi delle Biennali d’arte antica. Quello su cui Bologna poteva contare era il contesto: l’apprezzamento diffuso per Guido fu favorito anche dalla scelta di far precedere la mostra monografica da una cosidetta mostra-modello, che illustrasse il panorama culturale della Bologna 1580-1600, ovvero i vent’anni in cui si formò Guido Reni.

Due mesi prima della mostra in Pinacoteca aprì infatti le porte Dall’avanguardia dei Carracci al secolo Barocco, una mostra che spostò dai musei e dalle chiese bolognesi alle sale dell’Archiginnasio le opere dei Passerotti, dei Fontana, dei Carracci per mostrare, con un allestimento semplice e intelligente, la strada percorsa da Guido nella sua affermazione europea.