Gli approfondimenti del nostro blog dedicati alla fortuna del Barocco nel Novecento continuano con un nuovo post di Giulia Iseppi sul collezionista romagnolo Giovanni Piancastelli, tra i precursori dell’affermazione del disegno barocco in America.

Autoritratto Piancastelli

Giovanni Piancastelli, Autoritratto, Castel Bolognese, Museo Civico

Giovanni Piancastelli (1845-1926)

E’ il 1845 quando a Castel Bolognese, piccolo ma elegante comune sulla via Emilia in provincia di Ravenna, cinto dal ricordo delle sue mura rinascimentali, nasce Giovanni Piancastelli. La famiglia, di origini modeste, è impegnata nel lavoro della tessitura, ma Giovanni è destinato a diventare uno dei maggiori collezionisti italiani di fine secolo, e soprattutto a giocare un ruolo importante nella diffusione del disegno barocco italiano negli Stati Uniti.

Seguendo la sua inclinazione all’arte, Giovanni si trasferì a Roma, dove frequentò l’Accademia di San Luca. Per essersi distinto nel disegno e nella progettazione architettonica, l’artista fu chiamato dal principe Marcantonio Borghese, che a partire dal 1871 lo volle come insegnante di disegno per i suoi figli e consulente d’arte personale. A casa Borghese, Piancastelli si guadagnò il favore dei membri delle maggiori famiglie romane che lo richiedevano come ritrattista, fino a diventare, all’apice della sua carriera, direttore della neonata Galleria Borghese quando essa passò allo Stato nel 1902.

Amico di Adolfo Venturi e di Corrado Ricci, in confidenza con intellettuali ed eruditi come Giovanni Battista Cavalcaselle e Igino Benvenuto Supino, Giovanni Piancastelli si ritagliò anche un particolare ruolo come collezionista di disegni e stampe. Proprio nel disegno Piancastelli trovò la sua principale cifra identitaria, e non solo come artista, per cui riscosse un grande successo di pubblico e di critica che comparò il suo stile a quello dei grandi pittori del Seicento europeo, Rembrandt in particolare. Fu soprattutto nella sua raccolta grafica, una delle più importanti nel panorama italiano di fine secolo, che Piancastelli determinò le sue scelte di stile. Composta da 15.000 fogli, il nucleo contava molti studi di artisti del barocco, da Bernini, ai Carracci, a Reni, artisti ancora poco apprezzati dalla critica del tempo ma che lui raccoglieva con voracità.

1901: La vendita newyorkese

Nel Gennaio 1901 Piancastelli presenta via lettera la sua collezione alle sorelle Sarah ed Eleanor Hewitt di New York, allora residenti a Parigi. L’artista sponsorizzava una raccolta di disegni che spaziava dal XVI al XIX secolo, con alcuni nuclei preziosi che egli definì “Disegni antichi” e “Disegni antichi scelti”, a cui si aggiungeva la cosiddetta “Collezione Bernini” (disegni di Gianlorenzo Bernini e della sua scuola), disegni di arti decorative e un nucleo di studi di Felice Giani. Le sorelle statunitensi acquistarono 3.500 disegni dalla collezione Piancastelli e li donarono al museo che avevano aperto nel 1897 al quarto piano dell’edificio che ospitava il Cooper Union for the Advancement of Science and Art, una scuola di arti decorative fondata dal nonno Peter Cooper.

Nel 1905 i coniugi Mary ed Edward Brandegee di Brooklyn comprarono quelli rimanenti, che furono venduti nel 1938 al Cooper-Hewitt (unendosi a quelli delle sorelle Hewitt), ad eccezione del nucleo Bernini che fu ceduto al Fogg Art Museum di Harvard. La raccolta Piancastelli andò perciò ad arricchire importanti collezioni americane, entrando nelle sale del Cooper-Hewitt Museum di New York e in quelle del Fogg Art Museum di Harvard.

Le sorelle Sarah ed Eleanor Hewitt

Alessandro Tiarini (ma già attribuito a Guido Reni), Studio per Sant’Antonio da Padova, New York, Morgan Library.

Un pioniere del gusto barocco

Alcuni disegni già Brandegee furono acquistati da un altro noto collezionista americano, Janos Scholz, e furono da lui inseguito donati alla Morgan Library di New York. I nomi erano altisonanti, ma le attribuzioni scricchiolanti. Fra questi, alcuni fogli attribuiti in antico a Guido Reni, che ancora faticava ad essere riconosciuto dagli studiosi e veniva scambiato con, ad esempio, il conterraneo Alessandro Tiarini.

Un anno dopo la morte di Giovanni Piancastelli, che sopraggiunse nel 1926, Achille Bertini Calosso pronunciò un discorso in occasione della Commemorazione dell’artista organizzata nella Sala degli Imperatori alla Galleria Borghese il 23 dicembre.L’amico, ricordando il suo carattere burbero e il suo “maschio dialetto romagnolo”, ne ritraeva le virtù, tra cui quella di voler tornare, alla fine della sua vita, a Bologna, “in mezzo ai capolavori degli artisti da lui amati fin dalla fanciullezza”.

Donato Creti, Studio di testa femminile, New York, Cooper Hewitt Museum

Il critico gli riconobbe il merito di aver compreso la gloria dell’arte barocca italiana all’aprirsi del secolo, quando questa non era certo ancora alla ribalta negli studi. e faticava a farsi trada tra le scelte dei collezionisti.

La sua ricerca di fogli di Bernini (o presunti tali) e dei suoi allievi, e soprattutto l’apprezzamento per la scuola bolognese del Seicento, dagli allievi di Ludovico Carracci, a Marcantonio Franceschini, ai Bibiena, fecero di Piancastelli uno dei primi collezionisti sensibili all’arte barocca nel Novecento.