Questa settimana il post di Barocca-mente affronta le requisizioni, le vendite coatte e i furti subiti dal patrimonio artistico negli anni del secondo conflitto mondiale rivolgendo l’attenzione alle opere del Seicento e del Settecento. Un’affascinante e complessa fase della nostra storia raccontata da una mostra attualmente in corso alle Scuderie del Quirinale, che permette di riflettere da una angolatura peculiare sulla fortuna del Barocco nel XX secolo.

Partenze, recuperi e addii

Nel 1922 il dipinto di Giovanni Paolo Panini Carlo III di Borbone visita il papa Benedetto XIV nella Coffeehouse del Quirinale viaggia da Napoli a Firenze per prendere parte alla rutilante kermesse di celebrazione della pittura italiana del Seicento e del Settecento all’omonima mostra di Palazzo Pitti. Accompagnata da tutt’altro spirito e sollecitata da ben altre ragioni, invece, l’opera lascia nuovamente l’allora Pinacoteca del Real Museo di Capodimonte un paio di decenni dopo. Sono gli anni roventi della Seconda Guerra Mondiale e la tela di Panini insieme a molti altri capolavori vengono allontanati dalla città bersagliata dalle bombe alleate. Scampata alla distruzione dell’abbazia di Montecassino dove trova temporaneamente riparo, è trasportata dai tedeschi in un deposito a poca distanza da Spoleto per essere poi “riconsegnata” allo Stato italiano. Di questo momento è testimonianza una fotografia risalente al 1944 che la ritrae davanti a palazzo Venezia, trionfalmente sorretta da alcuni soldati tedeschi.

Soldati tedeschi davanti a Palazzo Venezia con il Carlo III di Borbone visita il papa Benedetto XIV di Panini (Bundesarchiv, Bild 101I-729-0001-23 / Meister)

Il dipinto di Panini oggi a Capodimonte (foto Wikipedia)

Questo evento in pompa magna è concepito come una sorta di “paravento” autocelebrativo che a fatica però nasconde l’articolato impianto di operazioni mirate al trasferimento in Germania del più ampio numero di dipinti, sculture, oggetti preziosi possibile. Acquisite con svariati metodi e avvalendosi di strumenti controversi, tra le opere d’arte che partono con destinazione Terzo Reich un’oculata selezione viene destinata al Fürermuseum di Linz, un museo progettato da Adolf Hitler stesso per una delle città a cui maggiormente si sente legato.

Il ruolo dello storico dell’arte: Hans Posse e …

Ritrovare nella raccolta messa insieme per Hitler o nei suoi desiderata un discreto numero di opere risalenti al Seicento e al Settecento non stupisce se si considera che il compito di allestire la collezione è affidato dapprima a Hans Posse (Dresda 1879-1942) e poi a Hermann Voss (Luneburgo 1884-Monaco di Baviera 1969).

La monografia di Posse dedicata ad Andrea Sacchi

Posse, direttore della Gëmaldegalerie di Dresda dal 1910 sino alla morte, palesa il suo interesse verso l’età barocca già a partire dal dottorato, conseguito nel 1901. La tesi è dedicata al pittore romano Andrea Sacchi, del quale Posse ricostruisce il profilo e il catalogo a partire dalla biografia redatta da Giovanni Battista Passeri nel 1772, dimostrando una non scontata sensibilità per le fonti. Nella vicenda critica di Sacchi, alla monografia di Posse viene riconosciuto il merito di avere anticipato alcune acquisizioni molto più recenti, come le conseguenze dal viaggio dell’artista nel Nord Italia e i rapporti con Gian Lorenzo Bernini.

Della sua intensa attività al servizio del Terzo Reich Posse lascia diretta testimonianza nei suoi diari, che ne raccontano gli spostamenti in Germania, Austria, Italia, Belgio e Paesi Bassi, registrando opere, musei e collezionisti. Tra i numerosi appunti balzano agli occhi i nomi di Pieter Paul Rubens, Rembrandt e Jan Veermer. L’Allegoria della Pittura del pittore di Delft, acquisita nel 1940 da Posse per il museo di Linz, è tra le opere stipate nelle miniere di sale di Altaussee, il nascondiglio scelto dai nazisti ormai in procinto di capitolare. Salvatasi dalla distruzione è consegnata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Una pagina dei diari di Posse con appunti su Milano, Bologna e Venezia

… Hermann Voss

Hermann Voss, che subentra a Posse alla sua morte, è autore di un monumentale studio sulla pittura barocca a RomaDie Malerei des Barock in Rom – pubblicato a Berlino nel 1925 (ma tradotto in italiano solo nel 1999!). Il grande compendio sul barocco romano è anticipato da contributi che spaziano dalla pittura napoletana a quella veneta, da Massimo Stanzione a Pier Francesco Mola a Jacopo Amigoni.

Interessante è per noi notare che sia Giuseppe Fiocco che Roberto Loghi, nello stendere un breve testo di “Hommage à Hermann Voss” (1966) fanno appello agli incontri in occasione della Mostra della Pittura italiana del Seicento e Settecento del 1922. Fiocco punta l’attenzione sul ruolo del tedesco nelle vicende critiche dell’arte veneziana del XVIII secolo, avendone, tra le altre cose, indagato le origini remote (attraverso la figura di Paolo Pagani), individuato gli intimi legami con Bologna (Giuseppe Garberini e Pietro Longhi; Giuseppe Maria Crespi e Sebastiano Mazzoni) e riscoperto alcuni disegni del giovane Giambattista Tiepolo.

Baglione Amor Sacro e Amor Profano

Giovanni Baglione, Amor Sacro e Amor Profano, Berlino, Gemäldegalerie (foto Wikipedia)

Caravaggio e i caravaggisti sono al centro – pur non essendo temi esclusivi – dei dialoghi tra Voss e Longhi. Quest’ultimo rivendica di aver richiesto, durante le riunioni preliminari alla mostra fiorentina del 1922, di includere Voss nello staff berlinese del comitato; proposta che è accolta “ma soltanto nella seconda edizione, un po’ meno fallosa, di quell’infame ‘catalogo sommario’”.

A proposito di quella esposizione ricorda inoltre l’assenza dell’Amor Sacro e Amor Profano di Berlino. In quel torno di tempo l’opera si assegnava ancora a Caravaggio benché nel 1920 egli stesso avesse comunicato al museo la nuova attribuzione a Giovanni Baglione. Pare che di tale dipinto Longhi e Voss avessero deciso volontariamente di non parlare durante i loro incontri e che sia stato il loro “solidale silenzio a impedire che il quadro scendesse a Firenze”.

Dell’esperienza di Voss come successore di Posse Longhi riporta:

Del resto, a onor del vero, debbo dire che mai, neppure a guerra molto inoltrata, il Voss ebbe a imbrancarsi nelle bande che scorrazzavano per l’Italia in cerca di dipinti da comprare con la rivoltella spianata, ma avvolta nei biglietti di banca che il Maresciallo Goering si faceva stampare a rulli dal nostro Poligrafico dello Stato…

Di ritorno, in mostra

Incontriamo il pendant del dipinto di Panini con cui abbiamo aperto il post – Carlo III di Borbone in visita a San Pietro – esposto alla Mostra delle opere d’arte recuperate in Germania organizzata a Roma, alla Farnesina, nel 1947. A fargli compagnia, in questa occasione di pubblica presentazione dei risultati delle intense politiche e delle faticose azioni di recupero del patrimonio artistico italiano, vi sono illustri protagonisti del Seicento e del Settecento, come La fuga in Egitto di Battistello Caracciolo, il Paesaggio col tempio della Ninfa Egeria di Claude Lorrain e il Nettuno e Venezia di Giambattista Tiepolo dal Palazzo Ducale di Venezia.

Tre anni dopo, nel 1950, Palazzo Venezia torna protagonista con la Seconda mostra nazionale delle opere d’arte recuperate in Germania.

“Esportato clandestinamente in Germania col treno speciale di Goering”: così sono registrati tre dipinti venduti dai Contini Bonacossi, si tratta di due capricci di Canaletto e della Diana e Callisto di Sebastiano Ricci, oggi tutti alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. La Santa Caterina e la Santa Cecilia di Bernardo Strozzi, poi destinate agli Uffizi, erano state donate a Hitler dal principe Filippo d’Assia, genero del re Vittorio Emanuele III, che lavorava come agente di Posse in Italia.

Chiudiamo questa parzialissima ricognizione con un’altra opera già esposta alla mostra di Palazzo Pitti, l’Estasi di Santa Cecilia di Bernardo Cavallino, nel 1922 di proprietà di Paolo Wenner ed esportata nel giugno del 1941 in Germania per interessamento di Mussolini, recuperata e poi portata a Capodimonte in anni più recenti.

Panini, Carlo III di Borbone in visita a San Pietro; Ricci, Diana e Callisto; Cavallino, Estasi di Santa Cecilia (foto Wikipedia)