Anche per Antonio Cipullo la ricerca sta volgendo al termine e in questo ultimo post per Barocca-mente ci racconta come il Museo del Settecento veneziano di Ca’ Rezzonico sia un’incredibile sintesi tra tradizione e sperimentazione museografica nel cuore del Novecento veneziano.
Appartamento Settecentesco, Sala Centrale, Museo Correr al Fondaco dei Turchi post 1907
Andando oltre il decennio ‘1929-1939’
Quando, poco più di un anno fa, sostenni il colloquio di selezione per le borse di alti studi della Fondazione 1563, presentai un progetto dedicato alla fortuna espositiva del Barocco a Venezia, circoscrivendo il mio interesse a un decennio ricco di avvenimenti: il periodo compreso tra il 1929 e il 1939. Questo intervallo si apriva con la mostra del Settecento Italiano del 1929 e si concludeva con l’esposizione dedicata alle Maioliche Venete del Settecento del 1939, evento che chiudeva la serie di quattro importanti mostre sul secolo dei lumi, inaugurata in concomitanza con l’apertura del Museo del Settecento Veneziano a Ca’ Rezzonico nel 1936.
Le mie ricerche mi portarono presto a comprendere quanto il Settecento, e più in generale il Barocco, fossero stati una costante negli allestimenti delle collezioni del Museo Correr, in tutte le sue sedi, da Ca’ Correr alle Procuratie. Questo legame si spiegava attraverso una duplice prospettiva: da un lato, il Settecento rappresentava per Venezia un momento di rinnovato splendore, precedente alla lunga crisi legata alle occupazioni francesi e austriache, e dunque un’epoca facilmente riconoscibile come di valore storico e identitario; dall’altro, le scelte collezionistiche di Teodoro Correr contribuirono a conferire centralità a questo periodo.
Già alla fine dell’Ottocento si era assistito alla riscoperta di un gigante del Settecento europeo, Giambattista Tiepolo, un processo che favorì l’interesse del Comune e dello Stato per la salvaguardia degli affreschi di Zianigo del figlio Giandomenico, acquistati nel 1906 per evitarne la dispersione oltre confine. Questo episodio testimonia il crescente interesse verso il XVIII secolo, una tendenza che trovò concreta espressione anche nelle iniziative museali. Nel 1907, infatti, il Museo Correr si dotò di un appartamento settecentesco, una vera e propria period room dedicata al secolo dei lumi. L’allestimento, originariamente concepito come mostra temporanea in occasione del bicentenario della nascita di Carlo Goldoni, era ricco e scenografico: un’ambientazione affastellata e animata da manichini abbigliati in costumi d’epoca, che intensificavano l’effetto di rievocazione storica. Sebbene inizialmente concepita per una durata di soli due mesi, la mostra riscosse un tale successo che l’appartamento divenne permanente, arricchendosi nel tempo di nuovi elementi, tra cui alcuni degli affreschi di Zianigo.
Questi episodi, e altri ancora, consentono di inquadrare la mostra del Settecento Italiano del 1929 e l’istituzione del Museo di Ca’ Rezzonico come momenti culminanti di un lungo percorso critico e metodologico. Gli anni Venti e Trenta furono particolarmente fecondi per gli studi sul Settecento veneziano, grazie anche al contributo fondamentale della Rivista della Città di Venezia e delle Tre Venezie.
In questo contesto, la stratificazione espositiva e la progressiva musealizzazione del XVIII secolo non rappresentano un fenomeno esclusivamente locale, ma si configurano come un prisma attraverso cui Venezia, nel Novecento, volle rileggere e riaffermare la propria identità storica, intrecciandola con l’arte e la civiltà di uno dei suoi secoli d’oro.
La mostra laboratorio e la creazione di una collezione per il museo
Gli approfondimenti negli archivi de Museo Correr, della Direzione regionale Musei Veneto, del Comune di Venezia e della Biennale di Venezia, hanno rivelato quanto la mostra del Settecento Italiano sia stata per Nino Barbantini e Giulio Lorenzetti un vero e proprio laboratorio di idee e sperimentazioni, preludio all’allestimento del Museo del Settecento Veneziano a Ca’ Rezzonico. Questo evento non si limitò a celebrare il secolo dei lumi, ma divenne il terreno su cui affinare visioni museografiche, strategie espositive e approcci metodologici che avrebbero poi trovato compimento nella realizzazione del museo.
Un episodio emblematico, che testimonia la tensione creativa di Barbantini, riguarda l’allestimento degli affreschi di Giandomenico Tiepolo provenienti da Zianigo. Quando si trovò a stilare l’elenco delle opere per la mostra, Barbantini espresse il suo “desiderio di sistemare gli altri affreschi di Giandomenico in un locale dedicato”. Tuttavia, tale progetto fu accantonato a causa dell’opposizione del direttore del Museo Correr, Ricciotti Bratti. Quest’ultimo, avendo appena concluso l’allestimento dello Scomparto dei due gentiluomini, dichiarò al sindaco che “rimuovere questo affresco dal muro avrebbe voluto dire sospendere tutti i lavori di allestimento” in corso ormai dal 1922.
Sala degli affreschi di Giandomenico Tiepolo, Museo Correr alle Procuratie in Piazza San Marco post 1929
Quale ambientazione per Ca’ Rezzonico?
Stimolante e ricco di suggestioni è stato approfondire il tema dell’allestimento di Ca’ Rezzonico, che, in linea con i principi museografici contemporanei dell’epoca, oltre ai primi due piani del palazzo “ambientati” e destinati alla “permanente”, vantava un terzo piano interamente dedicato, inizialmente, a due sezioni principali: da un lato, le collezioni grafiche (Guardi, Tiepolo e Longhi) e una selezione di abiti d’epoca; dall’altro, una serie di sale destinate alle esposizioni temporanee. Questo piano mostrava un’ambientazione essenziale con cornici in stucco che definivano le vetrine incassate nelle pareti, mentre il gusto modernista dominava l’intera impostazione cromatica e spaziale: toni di bianco o pastello tenue incorniciavano vetrine geometriche.
I primi due piani, invece, presentavano soluzioni ambientali più “classiche”, ma le fotografie d’epoca permettono di apprezzare una disposizione rarefatta dei dipinti alle pareti e una selezione limitata di suppellettili, che conferivano alle sale un’eleganza sobria, mai soffocante. Le sale “storiche” del palazzo si alternavano a spazi decorati con elementi di riporto o con interventi ad hoc, progettati per integrare frammenti originali del XVIII secolo in nuovi contesti decorativi. Questo equilibrio tra autenticità e invenzione permetteva una narrazione più articolata della civiltà veneziana settecentesca, non limitandosi a rievocare il passato, ma reinterpretandolo alla luce delle esigenze espositive contemporanee.
Sala delle lacche verdi, Ca’ Rezzonico nel 1936
Sala Guardi, Ca’ Rezzonico nel 1936
Sala degli affreschi di Giandomenico Tiepolo, Mostra del Settecento Italiano di Venezia del 1929
Le ricerche hanno inoltre permesso di approfondire gli eventi che intercorsero tra la mostra del Settecento Italiano e l’istituzione del museo a Ca’ Rezzonico, rivelando le dinamiche alla base della formazione della collezione. Il nucleo principale era costituito dalle raccolte Correr e da opere depositate dalle Gallerie dell’Accademia, ma molte altre furono acquisite dalla vendita della collezione Donà dalle Rose, grazie all’intervento sia delle istituzioni pubbliche sia di privati cittadini che le donarono successivamente al Museo Correr. Un caso ancora diverso è quello del diploma di nobiltà dei Rezzonico, donato da Leone Delle Torre al Comune di Venezia in seguito all’annuncio apparso sulla stampa dell’acquisto di Ca’ Rezzonico e della creazione del nuovo museo. Analogamente, il ruolo della soprintendenza fu cruciale, in particolare grazie a Gino Fogolari, che intervenne per proteggere importanti elementi del palazzo. Fogolari, ad esempio, emanò un vincolo per preservare gli originari lampadari settecenteschi in legno dorato che il conte Lionello Hierschel de Minerbi aveva già fatto smontare e trasportare altrove per venderli. Lo stesso accadde per una porta laccata gialla, anch’essa originale di Ca’ Rezzonico, che venne accettata come dono da Adolph Loewi, in cambio della licenza di esportazione per le altre porte laccate (all’epoca non era ancora particolarmente sviluppato l’interesse per le serie).
Sala della mostra delle Maioliche Venete del Settecento, terzo piano di Ca’ Rezzonico nel 1939
L’analisi dell’ordinamento tramite la guida di Giulio Lorenzetti ha permesso di mettere a fuoco un aspetto centrale: il museo si trovava in bilico tra due identità. Da un lato, si presentava come un museo dedicato al Settecento (ma che esponeva – sotto traccia – anche il Seicento), inteso nella sua accezione più ampia, pubblica e privata. Dall’altro, emergeva come una sorta di casa-museo dei Rezzonico, con una narrazione che riservava ampio spazio alla storia della famiglia, sottolineandone i cimeli esposti, come il diploma di nobiltà esposto nella Sala della Biblioteca “in posto d’onore, collocato nell’intervallo fra le due librerie” o “la raccolta iconografica di Casa Rezzonico” nella Camera della Spinetta.
Particolarmente interessante è stato constatare come la sequenza toponomastica delle sale riflettesse la fortuna critica raggiunta da un artista. Se per figure come Tiepolo e Guardi questa scelta appare naturale, lo stesso non si può dire per Longhi, la cui rilevanza era ancora legata più al valore “documentario” dei soggetti delle sue opere che alle qualità artistiche. Ancora più problematica appare la posizione di Andrea Brustolon: la guida di Lorenzetti non risparmia infatti di etichettare il suo lavoro come di gusto “seicentesco” o “barocco” con un’accezione negativa. Eppure, non bisogna dimenticare quanto i finimenti Venier di Brustolon fossero stati cruciali nei precedenti allestimenti del Correr e come lo stesso Ricciotti Bratti, direttore del Museo fino al 1934, fosse stato tra i primi a dedicare un contributo all’ebanista bellunese, pubblicato su ‘Emporium’ nel 1908.
Ca’ Rezzonico, dunque, emerge non solo come un museo, ma come un laboratorio di sperimentazione museografica, capace di fondere istanze come l’ambientazione, che alla metà degli anni Trenta potevano apparire in ritardo, con altre certamente attuali e dai criteri più aggiornati, come uno spazio dedicato alle mostre temporanee.