Sapevate che le celeberrime statue di Antonio Corradini alla Cappella Sansevero di Napoli vennero offerte in vendita alla Città di Venezia? Il nuovo post di Barocca-mente ci porta alla scoperta di un interessante episodio di sfortuna critica dell’arte di età barocca.

Solitamente su questo blog, o nelle nostre ricerche, siete più abituati a leggere di episodi relativi a ‘riscoperte’, ‘rivalutazioni’ e ‘riletture’ del Barocco, e meno di frequente di quelli di sfortuna critica. Un fenomeno questo che ha coinvolto più o meno, con vicende alterne, buona parte degli artisti dei secoli XVII e XVIII. Ciò è stato determinato, come è noto, sia da un cambiamento di gusto manifestatosi già alla metà del Settecento, sia dall’evolversi della società e, con essa, il modo con cui si guarda e si percepisce il passato e la sua eredità materiale.

Per lungo tempo ha persistito il sillogismo che associava Ancien Régime al decadimento dei costumi e della morale, e di conseguenza anche l’arte veniva etichettata come frivola e superficiale. La produzione artistica barocca, ancora nel Novecento, è stata oggetto di critiche severe, come quella di Benedetto Croce, contribuendo a rallentare la rivalutazione del Barocco che lentamente aveva iniziato a muovere i suoi passi alla fine del XIX secolo

Napoli, Cappella Sansevero

Documentazione relativa alla tentata vendita della sculture di Antonio Corradini conservata all’Archivio del Museo Correr di Venezia

Fotografia dell’allestimento dei “cimeli” ricondotti al Bucintoro settecentesco nella sala XIII (pubblicata nella Guida illustrata del Museo Civico Correr del 1909) dove erano esposti “avori, cammei, gemme e memorie veneziane”

Le sculture di Corradini della Cappella Sansevero offerte alla città di Venezia

In un contesto culturale del genere, poco attento e sensibile alle espressioni artistiche barocche, non deve stupire la notizia che nel 1907 è documentata una proposta di vendita delle sculture di Antonio Corradini della Cappella Sansevero di Napoli al Comune di Venezia.

Il 9 gennaio di quell’anno, il sindaco Filippo Grimani comunicò al Comitato direttivo del Museo Correr di aver ricevuto una lettera:

 del Sig. N. Ciannelli di Napoli con la quale offre in vendita al Comune cinque statue di Antonio Corradini esistenti nella Cappella dei Principi di S. Severo.

Il comitato, all’epoca presieduto dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi, rispose al Sindaco il successivo 18 gennaio, chiedendo che, “prima di pronunciarsi nella opportunità di entrata in trattative per l’acquisto della 5 statue del Corradino”, fossero inviate fotografie delle sculture, così come delle specifiche del loro peso, delle dimensioni e informazioni sullo stato conservativo.

Fortunatamente, la vicenda non ebbe ulteriori sviluppi e, secondo quanto risulta dal materiale archivistico conservato al Correr, le informazioni richieste non furono mai inviate da Napoli, preservando dalla dispersione uno dei contesti più preziosi della scultura barocca.

Se il tono e il contenuto della risposta denunciano poco interesse da parte del Comitato, suggeriscono anche una scarsa conoscenza nei confronti di ciò che veniva offerto al Correr; sembra infatti che non avessero idea di quali statue si trattasse. Stando alla sensibilità contemporanea, stupisce la risposta cauta del comitato, soprattutto se ci immaginiamo la reazione che ai giorni nostri potrebbe avere un qualsiasi conservatore museale davanti a una proposta di vendita del genere!

Va però specificato che a inizio Novecento, a Venezia, Corradini era principalmente ricordato per il Bucintoro, la nave cerimoniale dogale della quale aveva diretto i lavori d’intaglio, quindi più per l’attribuito valore di memorie patrie che per qualità artistiche.

La lettera non specifica quali siano le statue offerte in vendita, ma stando alle attribuzioni del tempo vanno identificate con il mezzobusto di Paolo di Sangro, la Mestiza, il Decoro, la Pudicizia – effettivamente di Corradini – e lo Zelo Religioso, gruppo che già nelle fonti settecentesche era citato come opera del nostro e poi ricondotto dalla critica alla mano di Fortunato Onelli, un collaboratore napoletano di Francesco Celebrano.

Antonio Corradini, Decoro, 1751-1752, Napoli, Cappella Sansevero

Antonio Corradini, mezzobusto di Paolo di Sangro, 1751-52, Napoli, Cappella Sansevero

Dalle stroncature alla (ri)trovata fortuna

Nello specifico, il giudizio sull’opera di Corradini fu pesantemente soggetto ai cambiamenti di gusto.

Tra questi, spicca per l’acutezza delle parole il concittadino dell’artista Leopoldo Cicognara, che nella sua Storia della scultura del 1818, scrive:

“cadde in un genere d’affettazione tutto suo proprio, e non corrispondente a quello ch’erasi riconosciuto nelle opere dei suoi predecessori.Questi fu Antonio Corradini, di cui in casa del marchese Manfrin in Venezia si fa osservare una statua di donna velata, il cui merito consiste nella meccanica imitazione del velo che copre la sottoposta figura.” 

Alcune pagine prima, proprio nella descrizione delle statue della Cappella Sansevero, Cicognara aveva già criticato aspramente le opere definendole “brutture” e segni di una “depravazione del cattivo stile”.

Parole come macigni sono dedicate alla Pudicizia, che non rispecchia il pudore e la modestia femminile per via della posizione aperta e espansa.

Continua rilevando la mancanza di realismo nella rappresentazione dei panneggi, definendoli “crudamente staccati” e incapaci di celare il corpo della donna in modo convincente.

La critica di Cicognara si estende anche alla mancanza di nobiltà nelle forme, che non si può in alcun modo giustificare, altrimenti si invoglierebbe “la cupidigia dello sguardo a conoscere le parti che il velo nasconde”.

Tra Otto e Novecento i commenti nei confronti di questa Pudicizia ‘impudica’ saranno frequenti, taglienti e duri; Jacob Burckhardt nel 1855 giunse a definire la statua ‘volgare’.

Ci furono tuttavia anche voci meno sprezzanti e, con il passare degli anni e l’avanzamento degli studi, i critici si fecero più pacati e meno dipendenti da valori dettati dal gusto e dalla morale, cominciando a riconoscere a Corradini il valore tecnico della sua arte.

Per una lettura lucida e scevra da preconcetti bisognerà però aspettare Antonia Nava Cellini (1982), a cui seguiranno la monografia di Bruno Coco (1996) e  diversi studi recenti.

La rivalutazione dell’opera di Antonio Corradini non si è però fermata a un livello squisitamente accademico: nel corso del Novecento la Pudicizia, e più in generale la Cappella Sansevero, sono diventati luoghi identitari della città partenopea.

Come il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, la Pudicizia di Corradini è assunta a icona popolare, ciò dal momento in cui nel 2017, Francisco Bosoletti, l’ha usata come soggetto nell’imponente murales Iside che si incontra in Via Emanuele De Deo ai Quartieri Spagnoli, accanto al celeberrimo Diego Armando Maradona di Mario Filardi.

Come idoli popolari, parlano e documentano una rinascita e riscoperta, però questa volta non si tratta di un artista del Settecento ma di un intero quartiere nel cuore di Napoli.

Antonio Corradini, Pudicizia, 1751-1752, Napoli, Cappella Sansevero

Francisco Bosoletti, Iside, 2017, Napoli, Via Emanuele De Deo