Questa settima, il post di Barocca-mente è dedicato all’ultima ricerca di Rudolf Wittkower sul tema del rapporto tra architettura barocca e preesistenze gotiche.
Le Charles T. Mathews Lectures sull’architettura gotica
Nell’autunno del 1971, il grande storico dell’arte tedesco Rudolf Wittkower tenne la prima di una serie di cinque conferenze dedicate a un argomento di storia dell’architettura. Pochi giorni prima della data prevista per la seconda fu improvvisamente colpito da un attacco cardiaco che ne causò la morte. Oggi possiamo conoscere il contenuto di quelle conferenze grazie al lavoro editoriale postumo di sua moglie Margot e di alcuni allievi e amici. Questi riordinarono gli abbondanti appunti e materiali già raccolti dallo studioso in vista del libro che avrebbe voluto incentrare sullo stesso argomento delle lezioni.
Wittkower aveva accettato quell’incarico nel 1968, poco prima del suo ritiro dall’insegnamento, nell’ambito delle prestigiose Charles T. Mathews Lectures. Queste erano organizzate dalla School of Architecture della Columbia University e dal Metropolitan Museum of Art di New York e affidate annualmente, fin dalla loro istituzione nel 1934, a uno studioso che si fosse distinto particolarmente nel campo degli studi sull’architettura gotica.
Potrebbe sorprendere la scelta di Wittkower, grande esperto di Gian Lorenzo Bernini, di tenere lezioni sulle cattedrali gotiche. In realtà, egli poteva vantare una solida formazione da studioso di architettura, iniziata da giovane all’Università di Berlino e tradottasi in tanti libri e articoli (sui Principi architettonici nell’Età dell’Umanesimo, su Michelangelo, su Palladio e su moltissimi momenti dell’architettura del Sei e Settecento). Soprattutto, però, egli seppe intelligentemente coniugare la sua fortissima competenza sull’età barocca con il campo di indagine richiesto obbligatoriamente per le Mathews Lectures. Ne venne fuori uno studio su un argomento fino ad allora raramente studiato: l’eredità dell’architettura gotica in età rinascimentale e barocca.
R. Wittkower, Gothic vs. Classic: architectural projects in Seventeenth Century Italy, New York, 1974.
Tre casi esemplari: Milano, Bologna e Firenze
Facciata di S. Susanna e S. Pietro a Roma e progetto di Francesco Maria Ricchino per la facciata del Duomo di Milano, dal libro di Wittkower.
I casi studio furono scelti con acutezza. Le cattedrali di Milano, Bologna e Firenze offrivano allo studioso l’occasione di indagare le soluzioni che gli architetti di età moderna provarono ad attuare per coniugare il loro stile con le importanti preesistenze dei secoli precedenti.
Tali edifici, infatti, erano stati iniziati in epoca medievale ma subirono importanti rimaneggiamenti nei secoli successivi, fin quasi alle soglie della contemporaneità. Come si comportarono architetti come Baldassarre Peruzzi a Bologna oppure Leonardo da Vinci, Pellegrino Tibaldi e Luigi Vanvitelli a Milano quando dovettero progettare modifiche o ampliamenti a quelle chiese gotiche? Optarono per una radicale trasformazione del loro profilo medievale oppure adattarono il loro stile rinascimentale o barocco per non creare strappi troppo evidenti?
A queste domande Wittkower rispose sulla base dei documenti conservati negli archivi e dell’analisi dei progetti proposti dagli architetti nel corso dei secoli per il completamento delle facciate delle tre chiese, rimaste a lungo incompiute (e quella di Bologna lo è tuttora). Il caso milanese fu quello maggiormente indagato, dagli inizi tardo-gotici fino all’intervento di Napoleone Bonaparte, che impose il completamento dell’opera a inizio Ottocento.
“Gothic vs. Classic“
Franceso Borromini, Cappella dei Re Magi, Roma, Palazzo di Propaganda Fide.
I principali risultati del lavoro di Wittkower furono di due ordini diversi: uno contingente, che ebbe il merito di illuminare la secolare vita di un’istituzione come la Fabbrica del duomo di Milano con i suoi importanti riflessi sulla storia dell’architettura lombarda; e uno più generale, di problematizzare l’opposizione tra lo stile medievale, o “gotico”, e quello “classico” in uso nei secoli successivi.
Per quanto riguarda il primo punto, l’esempio di Wittkower si rivelò proficuo: a partire dagli anni Ottanta, la grande impresa delle Kirchen von Siena dimostrò quanto l’indagine sistematica degli archivi delle chiese producesse risultati importanti per la conoscenza della storia sociale e artistica delle nostre città.
Il secondo punto, invece, mostrò quanto la “questione del Barocco”, cioè di cosa significasse davvero quella parola nel campo della storia dell’arte, fosse ancora una volta da ridimensionare fortemente. La distanza tra un’opera di architettura del Cinquecento e una del Seicento o addirittura del Settecento, infatti, scompariva a fronte della distanza tra queste e una del XIII o XIV secolo. Sotto l’etichetta di “classico”, quindi, rientravano comodamente, pur con tutte le loro differenze, tanto i progetti architettonici di un Palladio quanto quelli di un Bernini.
A dimostrare che la contrapposizione con lo stile medievale fosse acutamente sentita già nel pieno dell’età barocca, sta il caso anomalo ed eccezionale di Francesco Borromini, che dovette per tutta la vita soffrire, malgrado la sua genialità, per la controversa accoglienza riscossa dalle sue architetture, accusate appunto di essere eccessivamente “gotiche”.