Il nostro percorso nella fortuna del Barocco nel Novecento prosegue con un approfondimento di Vincenzo Pernice dedicato alla ricezione di Michelangelo Merisi nell’immaginario collettivo, tra arte contemporanea, fotografia e cinema.

L’uscita imminente del film L’Ombra di Caravaggio, diretto da Michele Placido con protagonista Riccardo Scamarcio, conferma la predilezione dell’industria cinematografica per la vita e l’opera di Michelangelo Merisi. Pochi altri pittori possono vantare una tale capacità di attrazione presso il grande pubblico, in grado di trascendere l’interesse degli addetti ai lavori, fino a conquistare uno spazio nei settori dell’audiovisivo, del fumetto e del merchandising. Tutt’altro che confinate ai manuali o alle sale dei musei, l’arte e la persona di Caravaggio sono quindi, da tempo, parte dell’immaginario collettivo.

La ricezione pop segue di qualche decennio il recupero critico. Non potrebbe essere altrimenti: soltanto dal nuovo ecosistema mediale, fatto di rotocalchi, cinema, televisione, la cultura italiana di età barocca, finalmente riabilitata dagli specialisti, può diventare accessibile a tutti.

Picasso a Cannes, 1957

Locandina del film L’Ombra di Caravaggio, 2022

Picasso, Natura morta spagnola, 1912

Ingresso della Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi, Palazzo Reale, Milano, aprile-luglio 1951

La mostra del ’51 e il made in Italy

Il primo film biografico è Caravaggio, il pittore maledetto (1941), in verità poco fortunato, forse più per la distribuzione in piena guerra che per le recensioni tiepide. Il riscatto giunge una decina di anni dopo quando, dall’aprile al luglio del 1951, il Palazzo Reale di Milano ospita la celebre Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi. L’esposizione curata da Roberto Longhi è il coronamento degli studi condotti a partire dai primi del Novecento, meritevoli di aver restituito alla memoria storica un artista prima pressoché dimenticato. Il pubblico gradisce: si stimano circa 500.000 visitatori in totale.

Al di là degli indiscutibili meriti scientifici, la mostra si segnala per la straordinaria eco mediatica, avendo scatenato dibattiti sui principali quotidiani nazionali, spesso accompagnati da riproduzioni di dipinti. Quello del Merisi diventa un nome conteso dai diversi schieramenti politici: gli appellativi di “pittore dei poveri”, “cristiano” o “maledetto” si caricano di connotazioni ideologiche.

Politica, quindi, ma anche e soprattutto economia. Un cinegiornale Luce del 2 maggio 1951 immortala l’allora presidente del consiglio Alcide De Gasperi alla Mostra del Caravaggio subito dopo aver visitato la Fiera di Milano. Il servizio termina con due slogan emblematici: Mostra del Caravaggio, genialità dell’Italia di ieri e di sempre. Fiera di Milano, energia dell’Italia di oggi”. In un Paese che si appresta a entrare nel leggendario boom economico, cultura e industria contribuiscono, in pari misura, all’affermazione del made in Italy.

Nell’epoca della riproducibilità tecnica

Presto anche l’arte contemporanea registra il nuovo statuto della pittura caravaggesca. A titolo esemplificativo, giunge in soccorso un’opera di Gregorio Sciltian, estimatore e collezionista di dipinti sei-settecenteschi. In un particolare de L’eterna illusione (1967-68), precoce denuncia della società dei consumi, l’ostentata volgarità di un manifesto a luci rosse contrasta con la citazione della figura maschile inginocchiata della Madonna dei pellegrini (1604-06). L’omaggio al Merisi convive, dunque, con una presa d’atto della sua appropriazione da parte del sistema dell’intrattenimento, identificato come fiera della vanità.

Nel 1983 il nesso tra Caravaggio e consumismo diventa ancora più esplicito quando la Banca d’Italia stampa la celeberrima banconota da 100.000 lire dedicatagli. Sul recto, il ritratto a carboncino di Ottavio Leoni (1621) sovrasta la versione del Louvre della Buona ventura (1596-97), mentre sul verso compare la Canestra di frutta (1597-1600). Così i capolavori del maestro entrano nelle tasche di milioni di italiani, molti dei quali avranno preso dimestichezza con la sua opera proprio a partire dalla cartamoneta. L’osmosi cultura-denaro non esclude, pertanto, una dimensione educativa, almeno negli intenti delle istituzioni.

L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica, insegna Walter Benjamin, perde la sua aura, correndo il rischio di strumentalizzazioni. Ma ci si può anche scherzare su. Il brasiliano Vik Muniz, per esempio, ha più volte rivisitato il catalogo caravaggesco in lavori tra new dada e pop art. La sua Medusa marinara (1997) è un remake dello scudo degli Uffizi (1595-98) realizzato con gli avanzi di spaghetti al pomodoro. Una volta fotografata, l’opera è stata riprodotta a stampa e su piatti in porcellana da collezione.

Picasso, Natura morta spagnola, 1912

Gregorio Sciltian, L’eterna illusione (particolare), 1967-68, Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera, in deposito al Museo di Salò

Picasso, Natura morta spagnola, 1912

La banconota da 100.000 lire dedicata a Caravaggio

Picasso, Natura morta spagnola, 1912

Vik Muniz, Medusa marinara, 1997

Merisi pioniere della fotografia (cinematografica)

La fine del Novecento consegna al terzo millennio un Caravaggio maestro dei nuovi media. In un’intervista rilasciata al Guardian nel 2010, David LaChapelle ha descritto il Merisi come uno degli antecedenti per lo sviluppo della fotografia artistica:

Caravaggio è spesso definito il più moderno degli antichi maestri: c’è una novità, un’atmosfera contemporanea nella sua opera che la pittura precedente semplicemente non aveva. […] Caravaggio usava la luce come un fotografo e le sue immagini sono tagliate come fotografie. Un dipinto che mi è rimasto impresso è Ragazzo morso da un ramarro. È un bellissimo esempio di singola fonte di luce con cui identifichiamo Caravaggio, di cui è stato pioniere, ma è anche un momento meraviglioso colto all’improvviso […]. È una fotografia prima della fotografia.

Picasso, Las Meninas, 1957

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Ragazzo morso da un ramarro, 1595-96, Fondazione Longhi, Firenze

Picasso, Las Meninas, 1957

Fotogramma dal film Apocalypse now, 1979

Il cinema è ancor più ricettivo. Se gli accattoni del neorealismo devono molto all’iconografia caravaggesca (si ricordi che Pier Paolo Pasolini seguì le lezioni di Longhi a Bologna), l’influenza del chiaroscuro ha una portata inestimabile. Impossibile enumerare il numero di pellicole la cui fotografia si ispira al tipo di illuminazione messa a punto dal Merisi e dai tenebrosi, quasi uno standard per il genere horror, ma adottata, oltre che nel Caravaggio (1986) di Derek Jarman, anche da Francis Ford Coppola per valorizzare l’interpretazione di Marlon Brando in Apocalypse now (1979). Un esempio tra tanti di come il recupero critico della pittura del Seicento abbia avuto effetti travolgenti sulla creatività contemporanea.

Di |2022-10-10T08:15:36+02:0010 Ottobre 2022|Categorie: Barocca-mente|Tag: , , |