A conclusione dell’anno di borsa presso la Fondazione 1563, Valentina Balzarotti racconta per Barocca-mente i risultati del suo progetto sulla fortuna del Seicento emiliano negli USA e il ruolo determinante svolto da Denis Mahon.
Premesse di una ricerca
Quando ho concepito questo progetto per candidarmi come borsista del programma Quale Barocco?, il mio background era principalmente costituito dallo studio della pittura emiliana del Cinquecento. La conoscenza delle fonti bolognesi e delle collezioni dei musei felsinei mi ha convinto della possibilità di ampliare il mio lavoro verso nuovi problemi e cronologie attinenti a questo contesto geografico. La sfida era quella di misurami non solo con il Seicento emiliano ma anche con questioni inerenti la rivalutazione e ricezione di questa stagione della pittura nel Novecento. Intendevo far dialogare le ricerche storico artistiche nate in ambito europeo, le mostre organizzate in Italia a partire dagli anni Cinquanta e il progressivo interesse del mercato internazionale, in particolare quello statunitense.
Principali serbatoi di informazioni sono stati gli archivi dell’Archiginnasio e della Soprintendenza di Bologna.
Sir Denis Mahon, una figura chiave
Guercino, San Gregorio Magno con i santi Ignazio de Loyola e Francesco Saverio, Londra, The National Gallery
Fin dalla concezione del progetto, era chiaro che in questo processo di riabilitazione della pittura emiliana del XVII secolo una delle personalità chiave doveva essere quella dello storico dell’arte britannico Denis Mahon. Nel corso del mio anno di lavoro, è stato possibile, grazie alla estrema disponibilità della Denis Mahon Foundation, consultare i preziosi materiali, in particolar modo la corrispondenza dello studioso, da poco accessibili presso la National Gallery of Ireland. La mole e la rilevanza di questi documenti hanno aperto nuove e sorprendenti piste di indagine che mi hanno condotto a ricalibrare il progetto e, alla luce della informazione emerse, riservare uno spazio molto più ampio al maggior esperto di Guercino.
Mappando gli itinerari dei viaggi giovanili e il rapporto con un altro conoscitore austriaco del calibro di Otto Kurz, ricostruendo la genesi delle sue prime pubblicazioni e la rete di rapporti non solo con gli organizzatori delle mostre italiane, come Cesare Gnudi, ma anche con i mercanti e conservatori dei musei americani, si è potuto sostanziare, carte alla mano, l’indubbio merito nell’affermazione sul piano internazionale dell’arte dei Carracci, di Guercino, di Reni e di tanti altri pittori a loro affini.
Una ragnatela di amicizie e collaborazioni
Quello che emerge dalla cospicua corrispondenza del baronetto, selezionata e in larga parte trascritta nel corso del lavoro, è proprio la notevolissima rete di relazioni costruite al di qua e al di là dell’Atlantico. La collaborazione alle biennali di Arte Antica di Bologna è stata per Mahon una occasione di edificare e consolidare i rapporti amicali e lavorativi con art dealers quali Germain Seligman e David Koetser, esperti e consulenti dei maggiori collezionisti statunitensi come Wilhelm Suida e la figlia Bertina, conservatori come Everett Austin e studiosi incardinati nelle università americane, quali Rudolf Wittkower e James Ackerman.
Sono gli anni in cui le sale dei musei e delle collezioni private d’Oltreoceano si popolano di capolavori del Seicento emiliano come la Semiramide di Guercino del Boston Museum of Fine Arts, acquisita alla fine degli anni Quaranta, l’Assunzione della Vergine di Ludovico Carracci oggi al North Carolina Museum of Art di Railegh, la Santa Cecilia e il David e Abigail di Guido Reni possedute da Walter Chrysler Jr e oggi divise, rispettivamente, tra il Norton Simon Museum a Pasadena in California e il Chrysler Museum of Art a Norfolk in Virginia.
Ludovico Carracci, Assunzione della Vergine, Railegh, North Carolina Museum of Art