Nel post di questa settimana di Barocca-mente parleremo di una galleria d’arte che, grazie alle capacità del suo direttore, seppe anticipare e orientare il gusto e l’interesse di studiosi e collezionisti verso le opere dell’età barocca.
Heim Gallery in Jermyn Street 59, St. James, London
La storia dell’apprezzamento dell’arte barocca in Europa e in America non sarebbe completa senza qualche affondo sugli uomini e sui luoghi che favorirono la circolazione delle opere di quell’età così a lungo trascurata e negletta. Il post di oggi è dedicato a un luogo e a un uomo che, nel corso degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, tutti coloro che avessero voluto assicurarsi un dipinto o una scultura realizzati da un artista raffinato quanto allora sconosciuto avrebbero trovato utile conoscere e frequentare. Ci riferiamo alla Heim Gallery di Londra e al suo fondatore Andrew Ciechanowiecki.
Questo importante spazio in cui erano esposte, al fine di venderle, opere di pittura, scultura e arti decorative soprattutto dei secoli XVII, XVIII e XIX fu fondato nel 1965 dal mercante parigino François Heim e da Ciechanowiecki. Fino al 1995, la Heim Gallery rimase in attività al piano terra di un palazzo in Jermyn Street 59, nel quartiere londinese di Saint James, a poca distanza da Piccadilly. In quell’area già si affollavano storiche gallerie specializzate in Old Masters come Colnaghi & Co. oppure Thomas Agnew & Sons.
Nel primo decennio di vita, senza dubbio il più proficuo e di successo, quegli spazi ospitarono regolarmente due mostre all’anno. La loro cadenza era sapientemente calcolata per intercettare in estate i soggiorni dei direttori e curatori dei grandi musei americani che visitavano le capitali europee a caccia di pezzi da aggiungere alle collezioni d’oltreoceano, e in autunno i gusti variegati (e meno dispendiosi) di una più ampia platea di pubblico.
Durante queste esposizioni, i cui titoli testimoniano lo specifico campo di interessi dei fondatori (per esempio Faces and figures of the Baroque, dell’autunno 1971, oppure Paintings and Sculptures of the Italian Baroque, dell’estate 1973), transitarono dalla Gallery opere di altissima qualità, che trovarono spesso la via per raggiungere i più importanti musei del mondo.
Tra queste, la Morte della Vergine di Carlo Saraceni, prima versione, non accettata, della pala d’altare per Santa Maria della Scala a Roma, commissionata a sua volta per sostituire quella di Caravaggio già rifiutata dai padri Carmelitani. La tela di Saraceni fu esposta nell’esposizione estiva del 1976 della Heim Gallery e poi acquistata dal mercante e collezionista newyorkese Richard Feigen, alla cui morte nel 2019 è stata donata al Metropolitan Museum of Art.
Carlo Saraceni, Morte della Vergine, New York, The Metropolitan Museum of Art
Fourteen important neapolitan paintings, catalogo della mostra, Heim Gallery, estate 1971
La formula per il successo
Le caratteristiche principali di queste esposizioni e del lavoro della galleria più in generale possono essere sintetizzate in: qualità delle opere in vendita, prezzi abbordabili tanto per i musei quanto per i collezionisti privati, cura scientifica con cui furono redatti i cataloghi che accompagnavano le mostre.
Tutte queste caratteristiche avevano la loro ragion d’essere nelle capacità introdotte da Ciechanowiecki alla guida della Heim Gallery.
Formatosi come diplomatico e come storico dell’arte nelle Università e nei Ministeri del suo paese d’origine, la Polonia, dopo un periodo formativo e professionale in America dove strinse rapporti con tutte le principali istituzioni museali, Ciechanowiecki si stabilì a Londra per cominciare la sua attività di mercante d’arte, che lo vide dirigere la Heim Gallery fino al 1986. Non era solo il suo felice istinto per le buone occasioni che gli consentiva di assicurarsi opere di alta qualità e mantenere prezzi di vendita relativamente bassi (come nel caso della citata Morte della Vergine di Saraceni, scovata quando era dimenticata sulle pareti dell’Ampleforth College, una vecchia scuola cattolica nello Yorkshire); Ciechanowiecki poté raggiungere quei risultati soprattutto perché sapeva battere la concorrenza decidendo di esplorare terreni della storia dell’arte fino ad allora ancora poco battuti.
Anticipare e orientare il gusto
L’esposizione estiva del 1971, per esempio, intitolata Fourteen Important Neapolitan Paintings, poteva giovarsi degli importanti studi di specialisti italiani (Ferdinando Bologna e Raffaello Causa su tutti) che avevano già dissodato il terreno su quell’argomento. Allo stesso tempo la condizione di relativa oscurità in cui la scuola napoletana era a quel tempo relegata rispetto ad altri centri del Barocco italiano come Bologna, Roma e Venezia consentiva di ridurre i prezzi.
Il successo fu formidabile, tanto che tutte o quasi le opere esposte furono subito vendute e attraggono ora i visitatori dei musei americani. Tra queste, ci furono l’Annunciazione di Paolo de Matteis ora a Saint Louis, l’Apparizione di Cristo alla Vergine di Francesco Solimena a Cleveland e la Carità di Francesco De Mura a Chicago.
Già nello stesso anno, inoltre, Ciechanowiecki stava cominciando a progettare, da appassionato conoscitore di scultura, la grande mostra sul barocco fiorentino che nel 1974 avrebbe inaugurato a Detroit e a Firenze. Anche in questo caso egli seppe anticipare (ed orientare) l’interesse di studiosi e collezionisti verso opere e contesti fino ad allora trascurati o solo riservati agli specialisti, come la scultura e la pittura del tardo Seicento e del Settecento fiorentini.
Opere di Francesco Solimena, Francesco De Mura e Paolo de Matteis in vendita presso la Heim Gallery nell’estate del 1971
Antonio Montauti, Ritorno del figliol prodigo, Detroit Insititute of Arts Museum
Amici conoscitori
Molti rilievi o statuette bronzee di Giovan Battista Foggini o di Massimiliano Soldani Benzi transitavano infatti già da qualche anno dalle sale della Heim Gallery. Persino un pezzo importante come il gruppo del Ritorno del figliol prodigo di Antonio Montauti, parte della serie di bronzetti commissionati dall’Elettrice Palatina, fu oggetto di una trattativa tra Ciechanowiecki e il Detroit Institut of Art, che acquistò l’opera contestualmente alla sua esposizione alla mostra del 1974.
Tutti questi successi, come testimonia chi lo ha conosciuto, erano dovuti all’intelligenza, alla cultura e alle abilità diplomatiche del mercante polacco. La sua vastissima rete di relazioni fu preziosa per proiettare sulla scena internazionale momenti della storia dell’arte (come il barocco napoletano e fiorentino) fino ad allora considerati solo provinciali.
Una delle cause della fortuna della galleria era infatti legata ai buoni rapporti che il suo direttore seppe coltivare con i più importanti storici dell’arte americani ed europei attivi in quegli anni. Questi, convinti dal carisma di Ciechanowiecki e felici di contribuire a iniziative dal così alto valore scientifico, mettevano a disposizione le loro conoscenze specialistiche per redigere le sintetiche ma accuratissime schede di catalogo per ognuna delle opere esposte, solo poche delle quali rimanevano senza attribuzione.
Le pagine di ringraziamento con cui si aprivano quei cataloghi sono un elenco dei principali conoscitori della seconda metà del Novecento. Tra questi c’erano Robert Engass, Jennifer Montagu, Erich Schleir e Rudolf Wittkower, oltre agli italiani Giuliano Briganti, Oreste Ferrari e Carlo Volpe. Tutti erano pronti a suggerire o a contestare un’attribuzione per favorire il loro amico mercante.
Tali cataloghi ricevettero le ulteriori attenzioni di studiosi come Ellis Waterhous e Ben Nicholson, che puntualmente recensirono sul Burlington Magazine le esposizioni della Heim Gallery, dando le loro opinioni sulle attribuzioni più difficili e proponendo interessanti alternative. Tramite queste fonti, è possibile quindi ricostruire la storia della fortuna di opere di qualità altissima, e ammirare a distanza di anni l’intuito del mercante-conoscitore che seppe apprezzarle prima di tanti altri.