Il post di Barocca-mente di questa settimana si sposta oltreoceano. Dagli anni Cinquanta, negli Stati Uniti, la fortuna del Barocco trova un originale canale di affermazione nella produzione ceramica. Centrotavola, orologi, oggetti d’arredamento d’ispirazione seicentesca e settecentesca riescono a calamitare un pubblico molto ampio, intercettando nuovi acquirenti anche al di fuori dei ristretti ambienti degli addetti agli studi e dei collezionisti.
Colazioni barocche da Tiffany
New York, 1960. Il celebre attore hollywoodiano Henry Fonda e la moglie italiana Afdera Franchetti aprono le porte della lora casa per un fotoreportage della rivista femminile Arianna. L’intero articolo ruota intorno alla descrizione dell’arredamento e degli oggetti preziosi: porcellane di Sèvres e Meissen ordinatamente esposte su un trumeau veneziano del XVIII secolo, secrétaires, consolles, specchiere e appliques in cristallo di rocca di gusto settecentesco poste a ornare gli ambienti, un dipinto di Canaletto che troneggia nel salotto di rappresentanza … La selezione è stata fatta personalmente da Afdera “col suo infallibile gusto di veneziana di razza, scegliendo uno per uno sui mercanti antiquari europei mobili e ninnoli, e trasportando il tutto nella sua nuova patria”.
Il pezzo forte, però, ben immortalato da una delle fotografie, è la mostra di camino in ceramica bianca di Andrea “Mimmo” Spadini (Roma 1912-1983). Benché appositamente eseguita per i coniugi Fonda, è un’opera che parla il linguaggio del Barocco e si ispira ai capolavori di Gian Lorenzo Bernini: il brano di natura da cui sembrano schiudersi i corpi flessuosi della coppia di cariatidi, armoniosamente fusi con le fronde vegetali; le frange illusionisticamente mosse da un alito di vento, diretta citazione del baldacchino bronzeo di San Pietro.
La fortuna statunitense di Spadini e delle sue ceramiche che reinterpretano la cultura barocca trova le sue ragioni nell’intensa attività di critici e galleristi italiani a cavallo dell’Atlantico e un fondamentale momento di lancio nel 1956 con l’esposizione organizzata nella galleria newyorkese Sagittarius dell’italoamericano Lanfranco Rasponi. L’invito alla mostra, significativamente, punta l’attenzione sull’immaginario barocco messo in campo dallo scultore romano e sull’impronta lasciata sulle sue creazioni dai capolavori seicenteschi dell’Urbe.
Afdera Fonda accanto al camino di Spadini, Arianna settembre 1960
the first exhibition in the United States of the Italian contemporary sculptor LO SPADA […] The terracotta creations […] carry one to a brighter, gayer world peopled with images of the be-flowered figures of the Baroque era and memories of the myriad statues that adorn the beautiful facades and fountains of Rome
I servizi da tavola di Spadini per Tiffany & Co.
L’incontro con Van Day Truex, direttore artistico di Tiffany & Co., dà avvio a una collaborazione esclusiva che porta nel 1960 a una nuova grande mostra e all’esposizione permanente nell’iconico negozio delle opere di Spadini. Set di centrotavola, saliere, candelabri, orologi, pur restando ‘pezzi unici’, si rendono disponibili in discreta quantità, influenzando il gusto di un pubblico che diviene molto più ampio rispetto a quello dei soli collezionisti e appassionati di pittura o scultura.
Ma quali sono le radici dell’interesse di Spadini per il Barocco?
«Mi si riaccese la passione per il Barocco»
Quando ero bambino mio padre mi conduceva alla Galleria Borghese. Egli si fermava, ammirato, davanti a un quadro di Raffaello […] Io intanto, nascostamente, […] mi allontanavo e cominciavo a ricercare le opere che più mi piacevano. Avevo sette anni e passando di sala in sala mi fermavo sempre dinnanzi al gruppo di Apollo e Dafne (di cui non sapevo neppure l’autore), e lì cominciavano le mie scoperte: nel tronco trovavo scolpite una piccola lucertola e qualche tenera foglia che sembrava muoversi come se in quel marmo soffiasse il vento.
Il ricordo del tempo in cui Andrea Spadini a sette anni passa le giornate insieme al padre Armando tra le sale della Galleria Borghese di Roma si colloca sullo scadere degli anni Dieci. Nella sontuosa dimora romana, divenuta museo statale una quindicina d’anni prima, il giovane Andrea fa da assistente al padre pittore, scoprendosi però più attratto da Gian Lorenzo Bernini che da Raffaello e Tiziano. Come per sua stessa ammissione, a impressionare la sua immaginazione di bambino è il marmo rappresentante il fuggevole attimo dell’incontro tra Apollo e Dafne e della trasformazione in alloro di quest’ultima.
Passeggiando per Roma, il futuro scultore prende atto che tra le meravigliose fontane che ornano le piazze della città ve n’è una, in piazza Navona, opera dello stesso Bernini, l’autore di quel gruppo scultoreo «che non avrei mai pensato potesse venir fuori dalle mani di un uomo».
Dopo aver trascorso diversi anni a Firenze e Monza, il ritorno nella capitale segna la presa di coscienza definitiva dell’amore per l’arte del Seicento e l’avvio di una ricerca sulle tecnica e i materiali.
Schizzi di Spadini dell’Apollo e Dafne di Bernini (L’Urbe gennaio-febbraio 1951) e l’opera alla Galleria Borghese di Roma
Ritornato a Roma vi trovai le piazze con le fontane, le rocce e i tronchi scolpiti; mi si riaccese la passione per il Barocco, la stessa passione di quando ero ragazzo; ma non avevo ancora il coraggio di pensare ad una statua o ad una decorazione che si muovesse e che fosse investita dal vento.
Il tempo della ceramica
La soluzione è infine la ceramica. Nel biennio 1949-50 Spadini è vincitore di concorso grazie a delle repliche in ceramica della Fontana del Tritone e dell’Elefantino della Minerva, osannate creazioni, non serve dirlo, di Bernini. Più in generale, dall’orizzonte estetico barocco, Mimmo attinge per una pluralità di iconografie. Le sue ceramiche pullulano di obelischi, cardinali, mori, ninfe. A dominare sono il mondo animale e il tema della metamorfosi. C’è però spazio anche per le maschere e per i personaggi del teatro, allargando di fatto il fronte d’interesse verso il Settecento veneziano e in particolare ai Tiepolo.
Ricorrente è la tematica del Tempo, che affronterà poi nella sua declinazione più giocosa nel grande orologio installato nello zoo di Central Park a New York. Del tutto diverso è il Tempo in associazione alla Morte che domina soprattutto il periodo che segue i terribili anni del secondo conflitto mondiale. “La morte scopre il tempo e non vede che nel tempo c’è già la morte”, così scrive in un suo disegno. È la Vanitas seicentesca, il malinconico meditare sulla caducità della vita.
Rispetto al marmo, la materia della ceramica sembra dunque più adatta a dare corpo a queste rinnovate riflessioni sulla mutevolezza della realtà e sull’inesorabile trascorrere del tempo. E, d’altronde, come recentemente messo ben in luce, una «brezza barocca» soffia in generale sulla ceramica nei decenni centrali del Novecento: ne sono altrettanto viva testimonianza le opere di Lucio Fontana, Leoncillo Leonardi e Fausto Melotti.