Con il post di questa settimana di Barocca-mente, Paola Setaro ci racconta della prima mostra monografica su Francisco de Zurbarán, organizzata al Prado nel 1905 e che favorì la rinascita degli studi sul pittore
Una fortuna critica discontinua
Catalogo della mostra, 1905
1905. A Madrid, nella stamperia di calle Cervantes 28, vide la luce il catalogo della prima mostra monografica su Zurbarán, inaugurata a maggio dello stesso anno. Negli spazi del Museo Nacional de Pintura y Escultura, denominato successivamente Museo del Prado, il pubblico spagnolo ebbe l’opportunità di ammirare un artista fino a quel momento oggetto di una fortuna critica discontinua.
Di certo si può dire che l’interpretazione moderna di Zurbarán è frutto di una passione francese: la prima metà del XIX secolo segnò la nascita di molti contributi dedicati al pittore, che permisero di diffondere la sua conoscenza all’estero. Tra questi si distinse il critico d’arte Théopile Thoré, che nella rivista L’Artiste pubblicò nel 1835 il primo articolo monografico su Zurbarán, istituendo paragoni con Velázquez e Murillo. Il saggio di Thoré, oltre a testimoniare dell’ammirazione suscitata da Zurbarán in Francia, mise in luce un dettaglio di non poco conto: in Spagna, per cause che definiva inspiegabili, non si avevano molte notizie sul pittore.
Thoré non si sbagliava, perché agli spagnoli mancavano ancora molti tasselli della biografia di Zurbarán, stretto tra le etichette di “Caravaggio spagnolo” o “pittore di monaci”. Bisognerà aspettare l’inizio del XX secolo per una rinascita degli studi critici sul pittore, incoraggiati dalla prima esposizione a lui dedicata, proprio quella del 1905, promossa dall’allora vicedirettore del museo, Salvator Viniegra.
La prima mostra a Madrid
A differenza della mostra dedicata a El Greco, organizzata tre anni prima sempre al Prado e in cui le opere provenivano soprattutto da collezioni private, in quella del 1905 numerosi quadri furono prestati da fondazioni religiose e da istituzioni pubbliche, tra cui spiccano l’Accademia di San Fernando e i musei di Cadice e Siviglia. In totale furono esposti 111 dipinti, di cui molti non autografi o chiaramente di bottega, perché come sosterrà giustamente María Luisa Caturla nel 1953 all’apertura della seconda monografica sul pittore (questa volta a Granada), Viniegra e i suoi collaboratori erano stati spinti da una preoccupazione “ottocentesca, necessaria e lodevole” di tirare fuori dall’ombra un pittore dimenticato in Spagna sin dalla metà del XVII secolo.
Nonostante le grandi carenze, il pubblicò spagnolo potè ammirare per la prima volta alcuni tra i capolavori dell’artista: lo straordinario dipinto in collezione privata sivigliana, La Inmaculada Niña, presentato (erroneamente) come prima opera conosciuta dell’artista , il quadro con la Visita de san Bruno al papa Urbano II, appartenente al Museo Provincial di Siviglia (oggi Museo de Bellas Artes) e il Cristo crucificado con un pintor, allora in collezione privata madrilena e che oggi è esposto al Prado.
Le recensioni sulla mostra apparse nei periodici spagnoli furono numerose e, nonostante tutte mettessero in evidenza la mancanza di studi approfonditi sull’opera del pittore, non mancavano di sottolinearne l’originalità, come Francisco Navarro Ledesma che scrisse sulla rivista Blanco y Negro:
“Zurbarán no es sólo un gran pintor, sino un pintor distinto de todos los demás” (non solo è un grande pittore, ma un pittore diverso da tutti gli altri).
F. Zurbarán, Inmaculada Niña, 1656, Madrid, Museo del Prado
La rinascita degli studi
La mostra, nonostante le sue carenze, costituì il punto di partenza degli studi su Zurbarán, tra cui quelli di Elias Tormo, il quale, riportando le sue impressioni sulla mostra del 1905, mise in luce che Zurbarán a volte si avvicinava a Piero della Francesca e altre volte a un Cézanne di tre secoli prima, e di José Cascales y Muñoz, che scrisse una monografia successivamente molto criticata da Juan Antonio Gaya Nuño.
Qualche anno più tardi anche i tedeschi August Mayer e Hugo Kehrer si dedicarono allo studio critico dell’opera del pittore, il primo sostenendo che l’atmosfera dei dipinti di Zurbarán non sembrava del suo tempo, ma piuttosto evocava la pittura francese contemporanea. Agli inizi del XX secolo, Zurbarán era quindi un pittore che sembrava esistere solo nel paragone con Velázquez o Murillo oppure perché anticipatore di correnti artistiche novecentesche.
Ma cambierà qualcosa dagli anni Quaranta, quando il barocco divenne un campo privilegiato di studio e i contributi su Zurbarán cominciarono a prendere in considerazione il suo intero percorso artistico e non solo i singoli episodi o le singole opere. Furono questi gli anni delle monografie di Paul Guinard, di Martin Soria e di Diego Angulo, e della pubblicazione del testo di una conferenza di Francisco Javier Sánchez Cantón, La sensibilidad de Zurbarán, tenuta all’Università di Granada nel 1944. Dopo aver criticato la mostra del 1905 perché considerata prematura, Sánchez Cantón decretò in poche pagine l’inserimento del pittore di Fuente de Cantos nella lista dei protagonisti del Siglo de Oro.
Ma di questo libro e del suo autore ne parlerò diffusamente in uno dei prossimi post.
F. Zurbarán, Visita de san Bruno al papa Urbano II, 1655 ca., Siviglia, Museo de Bellas Artes