#BAROCCO DIGITALE/#GLOBAL BAROQUE
Le borse 2020, individuali, intendono promuovere progetti inerenti lo studio del Barocco grazie o attraverso i supporti digitali e declinati in una dimensione di global history con forte attenzione agli scambi che hanno portato alla creazione di un mondo globalizzato.
Il bando intende favorire la presentazione di ricerche che prevedano l’utilizzo di strumentati digitali sia nella fase di progettazione ed esecuzione, sia in quella fase di restituzione dei risultati finali.
Scadenza 31/08/2020 – Bando CHIUSO
Ricerche in corso
La borsa ha durata di un anno, a decorrere dal 1° gennaio 2021.
Per maggiori informazioni sul testo del bando si rimanda al sito web della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.
Camilla Colzani
Dresda 1742-1756: conoscitori per il metodo di studio del disegno attraverso trenta disegni italiani
Tutor di materia: Francesco Grisolia
Tutor di digitale: Michele Mauri
Lo studio monografico si apre con una sintesi del processo che portò alla nascita della collezione di disegni italiani oggi conservati a Dresda, evidenziando il fondamentale ruolo svolto da Francesco Algarotti nel promuovere la ricerca e l’acquisto in Italia di opere d’arte su carta per conto della corona sassone, sulla base del suo Progetto per ridurre a compimento il Regio Museo di Dresda del 1742.
Grazie a queste iniziative, Dresda divenne ben presto centrale non solo per il collezionismo europeo, ma anche per il consolidamento del metodo di studio del disegno. Questa metodologia, tutt’ora in uso, si nutrì della fitta rete di interazioni – fatta di trattati teorici, di acquisti di fogli (realizzati o anche solo prospettati) e di scambi epistolari – che proprio intorno a Dresda in questo periodo si creò tra conoscitori del calibro di Mariette, Algarotti, Heineken e Zanetti.
Al quadro storico-critico delineato nella prima parte, segue l’analisi di un gruppo di disegni italiani oggi a Dresda, scelti secondo un criterio di rappresentatività delle diverse scuole pittoriche. I risultati dell’indagine sono resi comprensibili e accessibili a tutti su un sito internet creato ad hoc che, accettando la sfida che le tecnologie digitali pongono alla storia dell’arte, esalta il metodo di studio del disegno basato sulla connoisseurship.
Il volume è pubblicato nella collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.
Matteo Flavio Mancini
Esordio, maturità e consacrazione internazionale di Andrea Pozzo. Prospettiva e architettura nei grandi cicli di Mondovì, Roma e Vienna
Tutor di materia: Laura Farroni
Tutor di digitale: Leonardo Baglioni
La ricerca presentata in questo volume è incentrata sulla figura del fratello gesuita Andrea Pozzo, quadraturista virtuoso e trattatista di prospettiva, sui suoi tre principali cicli pittorici – chiesa di San Francesco Saverio (oggi della Missione) a Mondovì (1676-77), chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma (1685-94) e Jesuitenkirche a Vienna (1703-09) – e sulle loro relazioni reciproche e in rapporto al trattato Perspectiva pictorum et architectorum (1693-1700).
La figura di Andrea Pozzo viene inquadrata all’interno di alcune tematiche in cui si incardina la sua esperienza artistica: il quadraturismo, l’evoluzione della teoria prospettica come luogo di incontro tra arte e scienza e il contesto culturale della Compagnia di Gesù.
L’analisi dei cicli viene quindi affrontata attraverso un percorso che inizialmente li scompone nei singoli interventi costituenti per poi rileggerli nella loro interezza e in rapporto allo spazio reale delle chiese in cui sono stati realizzati grazie alla loro restituzione tridimensionale. Questo metodo ha portato all’individuazione dei rapporti proporzionali tra spazi reali e illusori e la loro capacità di moltiplicarne le dimensioni e sovvertirne l’impostazione tipologica.
Il volume è pubblicato nella collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.
Laura Nicolì
Religioni e altre catastrofi. “La Contagion sacrée, ou Histoire naturelle de la superstition” del barone d’Holbach: saggio introduttivo all’edizione critica digitale
Tutor di materia: Nicholas Cronk
Tutor digitale: Glenn Roe
In questo volume si presenta una versione italiana del saggio introduttivo alla prima edizione critica, che sarà pubblicata all’interno del progetto Digital d’Holbach della Voltaire Foundation, dell’opera La Contagion sacrée, ou Histoire naturelle de la superstition del barone Paul-Henri Thiry d’Holbach (1724-1789). Pubblicata nel 1768 in forma anonima e presentata fittiziamente come una traduzione della Natural History of Superstition (1709) di John Trenchard, La Contagion sacrée è in realtà un’opera originale.
Il volume è pubblicato nella collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.
Liana Püschel
“Aprite i lumi”. L’opera Idalide nella Milano delle riforme giuseppine
Tutor di materia: Alberto Rizzuti
Tutor digitale: Elena Liliana Vitti
Nel 1783, alla Scala si allestiva per la prima volta un’opera ambientata in America: Idalide di Ferdinando Moretti e Giuseppe Sarti, ispirata al romanzo Les incas, ou la destruction de l’Empire du Pérou di Marmontel. Il soggetto presenta una variante del tema della vestale innamorata, dalla quale è escluso l’intervento del deus ex machina: la vicenda si risolve grazie a un provvedimento illuminato dell’imperatore inca, che sancisce la decadenza dell’irrevocabilità dei voti.
Solo un anno prima, l’imperatore Giuseppe II aveva disposto la chiusura dei monasteri femminili degli ordini contemplativi in Lombardia. La misura suscitò una vivace discussione, perché bisognava decidere sul futuro di quelle donne e sulla validità dei loro voti, talvolta pronunciati senza convinzione. Idalide si inserì nel dibattito sostenendo una posizione molto avanzata: l’opera si presentava come un manifesto contro ogni forma di superstizione. La stessa scelta dell’ambientazione sudamericana era significativa andando ben oltre il gusto per l’esotismo, perché il popolo inca rappresentava nell’immaginario collettivo un esempio di civiltà. L’impero del Perù, lontano nel tempo e nello spazio, era il luogo ideale in cui proiettare sogni e utopie.
Il volume è pubblicato nella collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.
Tommaso Tovaglieri
I Contini Bonacossi e l’arte barocca
Tutor di materia: Giovanni Agosti
Tutor digitale: Oliviero Gaetano Maria Ponte di Pino
Tra le raccolte che collezionisti italiani hanno formato nel corso del Novecento, la maggiore rinomanza spetta a quella di dipinti, sculture, maioliche e mobili che Alessandro e Vittoria Contini Bonacossi avevano riunito, prima a Roma poi a Firenze, nelle dimore meglio conosciute come Villa Vittoria. A partire dagli anni Venti, i Contini misero in asse un patrimonio di opere d’arte di importanza planetaria in seguito smembrato sul mercato antiquario internazionale.
Nonostante il tema sia stato affrontato anche in studi piuttosto recenti, a tutt’oggi non si dispone di un censimento completo di tutte le opere che sono passate per le mani della famiglia Contini Bonacossi. Di questa corposa raccolta – di cui oggi rimane solo una piccola parte al museo degli Uffizi – circa duecento opere sono catalogabili all’interno dell’età barocca e, considerando questo periodo nell’accezione più estesa possibile, si potrà riflettere non solo su quando cambiano le coordinate del gusto americano in favore della pittura del Sei e Settecento a scapito degli Old Masters, ma al contempo saggiare quali altri scenari, oltre a quello statunitense, hanno determinato la diffusione del barocco italiano.
Il volume è pubblicato nella collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo.