Il post di Barocca-mente di questa settimana è dedicato a una esposizione che si è appena conclusa alla Galleria Borghese di Roma, dove le opere di Giuseppe Penone, maestro dell’Arte Povera, hanno felicemente convissuto con i capolavori barocchi della collezione del museo.
Arte Povera alla Galleria Borghese
Allestire qualsiasi mostra, grande o piccola che sia, alla Galleria Borghese di Roma è una sfida non semplice. La celebre villa subito fuori da porta Pinciana è la storica abitazione della famiglia Borghese dove si conserva la collezione di capolavori messi insieme nel corso dei secoli dai membri di questa casata (e non solo). La ricchezza della raccolta e la connotazione degli ambienti pieni di marmi, dipinti, arredi e sculture, complicano il lavoro dei curatori che eleggono la Borghese a sede di mostre temporanee.
La mostra Gesti Universali di Giuseppe Penone che si è appena conclusa è però un esempio riuscitissimo di questa sfida. L’esposizione, curata da Francesco Stocchi, è stata inaugurata lo scorso 14 maggio e la chiusura, prevista per il 28 maggio, è stata prorogata al 9 luglio 2023. Il piano terra della Galleria Borghese, il giardino dell’Uccelliera e il giardino della Meridiana hanno accolto ben trenta opere realizzate dagli anni Settanta agli anni Duemila da Giuseppe Penone, uno dei maggiori esponenti dell’Arte Povera. Ma l’Arte Povera può effettivamente costruire un dialogo con le opere e gli spazi di un vero e proprio ‘tempio del Barocco’? La risposta, per chi scrive, è sì!
Giuseppe Penone, Alberi, Roma, Galleria Borghese, Salone d’ingresso Mariano Rossi
Giuseppe Penone, la poetica di un grande maestro
Giuseppe Penone, Sguardo vegetale, Roma, Galleria Borghese, Giardino della Meridiana
Giuseppe Penone, Gesto vegetale, Roma, Galleria Borghese, Giardino dell’Uccelliera
Giuseppe Penone, Pelle di marmo e spine d’acacia, Roma, Galleria Borghese, Sala di Enea e Anchise
Ma chi è Giuseppe Penone? La maggior parte di voi lo conosce senza dubbio, ma se per caso alcuni lettori fossero immersi nella Baroquemania con un occhio meno attento alla contemporaneità, forniamo qui alcuni brevi cenni.
Giuseppe Penone nasce a Garessio in provincia di Cuneo nel 1947 e vive e lavora a Torino. A partire dal 1968 entra nel gruppo di artisti dell’Arte Povera e inizia a esporre ininterrottamente fino a oggi. La sua ricerca si contraddistingue fin da subito per una riflessione sulla natura e i suoi processi di trasformazione: una direzione che lo porta a lavorare a stretto contatto con il mondo naturale e a rifiutare le tecniche artistiche convenzionali, preferendo ricorrere a materiali poveri come la terra, il legno e altri elementi organici.
Proprio durante un’intervista rilasciata in occasione dell’esposizione alla Galleria Borghese, Penone ha illustrato il significato della presenza delle sue opere in queste sale secolari:
introdurre materia organica all’interno di questo mondo animato minerale
Per Penone l’elemento organico sotto forma di materia vegetale è una presenza costante. Troviamo il legno degli Alberi nel salone di ingresso Mariano Rossi, attraverso le foglie nella Sala di Apollo e Dafne o in quella del Ratto di Proserpina, o come cuoio nella sala di Anchise. Si tratta di elementi vegetali che sono chiamati intenzionalmente a dialogare con capitelli, colonne e decori, i quali, a loro volta, nei tempi antichi hanno tratto le loro forme dall’osservazione della natura, diventando poi parte del repertorio architettonico e ornamentale della nostra cultura. Gesti universali, dunque, quelli di Penone, che ci riportano all’essenza di forme organiche codificate da millenni nel linguaggio artistico.
Uscendo all’esterno, le sculture in bronzo di Penone abitano e si fondono con la natura del Giardino dell’Uccelliera e della Meridiana. Presenze che animano alberi e fiori, che si scorgono tra le foglie, nei vasi e sulla ghiaia come custodi silenziosi di una natura sacra da osservare con rispetto. Se qui il materiale impiegato non è organico come quello utilizzato all’interno, attraverso le parole del maestro ben si spiega l’uso di questo materiale nella sua poetica:
nel bronzo, la vita vegetale conserva tutto il suo aspetto e, se posto all’aperto, reagisce con il clima, ossidandosi e assumendo così gli stessi colori delle piante che la circondano. La sua patina è la sintesi del paesaggio
Dialogare con Bernini
Qualsiasi opera, anche un capolavoro, corre il rischio di sparire al cospetto delle sculture di Bernini conservate alla Galleria Borghese. Ma non le opere di Penone. Entrando nella Sala di Apollo e Dafne non si può che essere attirati verso quel mirabile gruppo di marmo in cui il celebre scultore ha fissato per sempre la mitica trasformazione della carne tenera della fanciulla in corteccia, delle dita affusolate in fuscelli d’alloro. Penone propone al posto dei due grandi dipinti di Dosso Dossi solitamente appesi alle pareti due grandi tableaux fatti di sottili gabbie metalliche contenenti migliaia di foglie secche di alloro, al di sopra delle quali è appeso un ramo di bronzo dorato. Le forme sono ridotte all’essenziale e il dialogo si esprime tutto attraverso l’evocazione della nostra sfera sensoriale. Sensazioni che vanno oltre la vista ma che richiamano l’olfatto, attraverso cui percepire il profumo dell’alloro e della metamorfosi, e l’udito, con cui immaginare il frusciare di quella moltitudine di foglie appese.
Le opere di Penone disinnescano ogni tipo di confronto e si pongono come sensibile e raffinato completamento. Il comune denominatore è, però, il ritorno alla natura, l’ispirazione tratta da quella essenza vitale che è una continua trasformazione organica, che Bernini ha fissato nel marmo e alla quale Penone oggi ci riporta con un linguaggio diverso ma ugualmente efficace.
Giuseppe Penone in dialogo con Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, Roma, Galleria Borghese, Sala di Apollo e Dafne