Perché nella primavera del 1964 cinque dipinti di Zurbarán furono trasportati dal Real Monasterio de Nuestra Señora de Guadalupe a Madrid? Lo scopriamo con il post di questa settimana di Barocca-mente
Francisco de Zurbarán, La Messa del Padre Cabañuelas, Guadalupe, Monasterio de Nuestra Señora
Un ciclo per i gerolamini
Come in un fumetto pop, un monito al dubbioso protagonista del dipinto di Francisco de Zurbarán, La Messa di Padre Cabañuelas, conservato nel Real Monasterio de Nuestra Señora de Guadalupe, si origina da una dimensione che non ha nulla di terreno: “Quod vides et inceptum perfice” (Taci ciò che vedi e porta a termine il progetto). Di fronte all’incredulità del priore del monastero sul mistero dell’incarnazione di Dio nell’Eucarestia, una nube solleva l’ostia consacrata insieme al calice. Si tratta di un miracolo e quasi un miracolo è che si siano conservati in situ tutti i quadri realizzati da Zurbarán tra il 1638 e il 1639.
Gli otto padri illustrano, alla maniera di un sermone, gli otto principi che ogni aspirante monaco doveva sviluppare per raggiungere la perfetta osservanza della regola geronimiana. Zurbarán dimostra qui il suo grande talento nel rappresentare i tessuti o la superficie del pane, mettendo in luce la sua eccellente capacità di riprodurre nature morte, oltre che concetti spirituali.
Entrando in questo ambiente, il visitatore è rapito dalla bellezza del ciclo pittorico. Ma la qualità dei dipinti che possiamo ammirare oggi è anche merito di un primo accurato restauro avvenuto tra il 1963 e il 1964 in vista della mostra che si stava organizzando al Casón del Buen Retiro, in occasione del terzo centenario dalla morte di Zurbarán.
Tra le numerose opere in esposizione a Madrid nel 1964 non potevano in effetti mancare quelle di Guadalupe, che nelle parole dell’allora Direttore di Belle Arti, Gratiniano Nieto, si presentavano al pubblico con un rinnovato “valor y vida”. Merito senz’altro dell’Instituto Central de Conservación y Restauración, nato a Madrid nel 1961, con una prima sede operativa proprio nel Casón del Buen Retiro.
Guadalupe arriva a Madrid
Nel giugno 1964 iniziarono i delicati lavori di trasferimento dei dipinti a Madrid. Fu incaricata del trasporto la Casa Macarrón, l’importante ditta specializzata nel trasporto delle opere d’arte e già protagonista dell’evacuazione (ma anche del ritorno) delle opere dal Museo del Prado durante la guerra civile.
Il 17 novembre del 1964, data di inaugurazione, alle opere fu riservato un posto d’onore. Furono infatti allestite, insieme ad altre opere, nella Sala Central del Casón del Buen Retiro. La mostra fu la prima (e unica) occasione in cui i dipinti della sagrestia di Guadalupe furono esposti al di fuori del monastero. Furono solo cinque le opere esposte – la Visione premonitrice di Fray Pedro de Salamanca, la Visione di Fray Andrés de Salmerón, Fray Gonzalo de Illescas, la Messa miracolosa di Padre Cabañuelas e Fray Martín de Vizcaya che distribuisce le elemosine – ma in numero sufficiente per far parlare di sé.
Real Monasterio de Nuestra Señora de Guadalupe, sagrestia
Casón del Buen Retiro, Sala Central
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“È quello che Zurbarán sentiva?”
Quell’intreccio di “espíritu y materia” così evidente nei dipinti del ciclo di Guadalupe e che Francisco Javier Sánchez Cantón aveva messo in luce già nel 1944, nel testo La sensibilidad de Zurbarán, esplode nei saggi del catalogo della mostra. María Luisa Caturla, Diego Angulo e Cesar Peman sembrano confermare l’intuizione di Sánchez Cantón.
Ma è soprattutto Caturla quella che considera i dipinti in mostra come una delle più intense espressioni della ricerca artistica di Zurbarán. Già autrice di un breve articolo sulla commissione dei dipinti del monastero di Guadalupe, pubblicato nel 1964 sulla rivista Archivo Español de Arte, nel lungo testo del catalogo dedica molto spazio ai cinque dipinti in esposizione. Seguendo la scia delle teorie del francese Paul Guinard, che descriveva Zurbarán come peintre monastique ma anche come peintre monacal (suggerendo così un’intrinseca reciprocità tra i soggetti che il pittore dipingeva e la sua “sensibilità monastica”) Caturla ravvisa una profonda e rinnovata spiritualità in queste opere.
In particolare, di fronte al dipinto raffigurante Fray Pedro de Salamanca, la storica dell’arte si domanda:
El rostro del monje tiene aquí una expresión intensísima, alucinada. Es así como Zurbarán sentía […]?
(Il volto del monaco ha un’espressione molto intensa, allucinata. È quello che Zurbarán sentiva?)
La risposta a questi interrogativi si trova forse nell’entusiasmo con cui queste opere, insieme a tante altre, furono accolte dal pubblico e dalla critica. Entusiasmo unito a rigore scientifico e a un allestimento che prendeva in considerazione tutto il percorso artistico di Zurbarán: furono questi ingredienti a decretare il grande successo della mostra del 1964.
Francisco de Zurbarán, Fray Pedro de Salamanca, Guadalupe, Monasterio de Nuestra Señora