Sezione 15: Roma-Torino-Parigi 1750. Classicismi moderni
Sul filo conduttore della mostra, che ha voluto riconoscere nella produzione figurativa degli anni 1680-1750 il diverso modo di orientare il rapporto tra antico/moderno nelle tre città, le opere raccolte in questa sezione conclusiva della mostra Sfida al Barocco. Roma Torino Parigi 1680 – 1750, scalate cronologicamente intorno al 1750, appaiono particolarmente significative dei punti di arrivo del percorso esplorato.
della Valle, Ladatte e Collino
Apre la serie, per parte romana, il Beato Niccolò Albergati di Filippo della Valle, studio per la statua monumentale collocata sulla facciata di Santa Maria Maggiore. La terracotta è l’esito di una ricerca di sottile naturalismo, sostenuta dalla morbidezza pittorica dei panneggi e dalla incisiva resa espressiva del volto.
Per parte torinese troviamo Ladatte e Collino, con esiti molto diversi. Ladatte nella sua Giuditta con la testa di Oloferne interpreta un modello di Guido Reni, vestendolo però della stessa modernità rocaille che si vede nella pittura di Boucher, ormai trionfante nella Parigi della metà del Settecento. Avremmo dovuto vedere il medesimo soggetto affrontato in controparte dall’allievo Collino, ma la sua Giuditta è caduta, per così dire, vittima del Covid-19 e non ha potuto muoversi da Minneapolis. Se in mostra, avremmo notato nel confronto come Collino in questa sua prima opera di invenzione, modellata a Roma nel 1750, si sia rivolto ai modelli della scultura classica anziché alla coeva cultura francese, come invece aveva fatto Ladatte.
Bouchardon e i giovani scultori di fronte all’antico
Il serrato rapporto con l’antico iniziato da Edme Bouchardon e qui visibile nel suo Cristo che porta la croce, è ripreso da due giovani scultori della generazione successiva, Jean-Baptiste Pigalle e Louis Claude Vassé, coetanei del pittore Pierre presentato nella sezione 13. Pigalle con il suo Mercurio che si allaccia i calzari alati, partendo dal riferimento al tema mitico, propone una straordinaria impostazione spaziale, dinamica e precaria, che rende l’opera esemplare del primato della scultura francese. Vassé nel suo Pastore addormentato, rappresenta invece un soggetto non personificato, senza alcun legame con la mitologia, che, pur dimostrando un attento studio sugli esempi del maestro Bouchardon, dà prova dell’assoluta originalità e modernità dell’autore, soprattutto se ci si concentra ad osservare il magistrale trattamento dell’anatomia del corpo, lo sforzo di rendere la rotondità sensuale dei muscoli addormentati e delle carni rilassate, la delicatezza delle ciocche di capelli che accarezzano il volto assonnato.
Le nozze di Amore e Psiche nella tela di Pompeo Batoni
Concludono la galleria di capolavori Le nozze di Amore e Psiche (1756) di Pompeo Batoni, una tela magnifica che attesta una tale maturazione artistica da permettere al pittore di presentarsi come maestro capace di coniugare la perfezione del disegno e la sodezza delle figure, di tradizione raffaellesca, con la grazia e la dolcezza di Correggio. Erano qualità singolari che i contemporanei avevano ben avvertito e che sarebbero state intercettate dagli artisti delle generazioni più giovani e dalla sensibilità di Canova che, osservando la produzione del pittore, aveva espresso un giudizio tanto sintetico quanto incisivo: «mi piacque moltissimo il suo disegno tenero, grandioso, di belle forme».