Primo disegno prospettico completo di Juvarra per la Palazzina di Stupinigi, Museo Civico d'Arte Antica di Palazzo Madama, Torino, fotografia, 1958 (Compagnia di San Paolo)

Il sovrano e l’architetto: l’incontro tra Vittorio Amedeo II e Filippo Juvarra

A Filippo Juvarra si deve tra l’altro il progetto della Citroniera delle Scuderie della Reggia di Venaria Reale che ospiterà la mostra “Sfida la Barocco. Roma, Torino, Parigi 1680 – 1750”. Quando giunse in Piemonte il grande architetto messinese?

Protagonista indiscusso del rinnovamento delle residenze reali sabaude, l’architetto siciliano Filippo Juvarra giunge a Torino per volere di Vittorio Amedeo II di Savoia. All’inizio del Settecento, il sovrano, ottenuto il titolo regio, intende portare a corte intellettuali e professionisti capaci di interpretare le aspirazioni del nuovo regno. E l’architettura si presenta come sicuro strumento di rappresentazione della maestà del sovrano. In questo scenario, si inserisce l’arrivo nella capitale sabauda di uno dei grandi interpreti del barocco piemontese. Vittorio Amedeo II e Juvarra si incontrano per la prima volta a Messina durante un soggiorno del re di Sicilia sull’isola:

Stando ai biografi di Juvarra, Vittorio Amedeo venne a conoscenza delle sue abilità di architetto durante il soggiorno sull’isola per l’investitura ufficiale del regno, proprio a Messina, per bocca di un «buon amico di don Filippo», il giurista siciliano Francesco d’Aguirre (1681-1748): il re, «sentendolo molto lodare, e sentendo che esser suo suddito, ordinò si facesse andare in Messina che subbito gli fu scritto dall’amico in Roma», dove Juvarra si trovava da qualche anno al servizio del cardinale Ottoboni. Il fatto che Juvarra fosse nativo di Messina, e quindi suo suddito, senz’altro agevolò i piani di Vittorio Amedeo, che confidava nel benestare di Ottoboni, il quale non si oppose alla partenza, anzi, onorato dell’interessamento del re di Sicilia per il suo architetto, lo sollecitò ad accettare. Juvarra raggiunse Messina «in pochi giorni», sicuramente entro la fine di luglio, presentandosi al cospetto del re – almeno così raccontano i suoi biografi – senza essersi portato da Roma alcun disegno, ma solo «il toccalapis ed il tiralinee volendo con ciò dire che gl’avrebbe dato l’animo di fare qualunque disegno gli fosse stato ordinato». Vittorio Amedeo gli assegnò, allora, il progetto più ardito che in quel momento potesse concepire: il rinnovamento del Palazzo Reale di Messina, lasciato incompiuto da Andrea Calamech (1524-1589).

in Roberto Caterino, Costruire e rappresentare la maestà del sovrano. Atri, scaloni e saloni nei progetti di Filippo Juvarra per residenze reali, da Messina a Madrid, Collana Alti Studi sull’Età e la Cultura del Barocco, Fondazione 1563, Torino 2016

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