Lo scorso 20 settembre si è chiusa la “nostra” mostra Sfida al Barocco.

La grande sfida che questa mostra ha voluto raccontare è – ormai lo sappiamo – , quella degli artisti, che in nome della modernità, si sono misurati con le grandi opere degli Antichi, dei Maestri del Rinascimento e della prima metà del Seicento, hanno esplorato le potenzialità dell’osservazione del naturale, della realtà e dei sentimenti, hanno sperimentato innovati linguaggi.

A questa se ne sono aggiunte in corso molte altre, ovviamente, prima fra tutte, la pandemia di Covid e il lockdown che ne è conseguito. Alcune opere, per fortuna poche, non hanno potuto raggiungere la sede della mostra, bloccate entro i loro confini domestici, altre potendo parlare racconterebbero rocambolesche avventure di registrar che si avventurano in un’Europa spaventata e sotto l’assedio del virus per recuperare carichi preziosi. Tutto era pronto a marzo, in tempo per la data di apertura prevista. Poi sono scattate le chiusure. La mostra ci ha pazientatamene aspettati fino al 30 maggio, quando i suoi capolavori si sono svelati per rinfrancarci l’anima dal tremendo periodo che ci lasciavamo alle spalle.

Gli ampi spazi della Citroniera hanno concesso visite libere e tranquille, non scandite da cronometri che regolavano i flussi tra sala e sala, come purtroppo è stato necessario applicare altrove. L’accesso contingentato, la mancanza dei turisti da fuori regione, delle visite di scuole e comitive hanno per forza di cose “sfidato” le affluenze, ma i numeri minori rispetto a quelli che si stimavano in tempi pre Covid, hanno probabilmente concesso la possibilità di una fruizione più ragionata e pacata, anche più partecipata, come gli AskMe/esperti Barocchi rivelano: tra loro Alberto Pirro racconta che

“l’esposizione ha visto, soprattutto nel mese di settembre, una partecipazione ricca e un’intensa interazione del pubblico con noi di AskMe!”

Molti sono stati i riscontri positivi nella comunità scientifica, anche internazionale, che ha davvero apprezzato il coraggio di una mostra ampia, focalizzata su cronologie ancora da indagare e geografie ancora da dettagliare, che non andava incontro a paradigmi consolidati a cui il pubblico è abituato. Coraggio è fra le parole che più ritornano nei feedback ricevuti sulla mostra, insieme con bellezza, meraviglia, spettacolo.

L’esperienza mostra si è ora chiusa fisicamente, le opere stanno rientrando nelle loro sedi, gli allestimenti serviranno per altre esposizioni, ma sicuramente non si ferma l’eredità della ricerca che avrà lunga vita attraverso il catalogo e la discussione pubblica.

A tutti i soggetti coinvolti, dai prestatori – grandi musei, istituzioni e collezionisti che hanno generosamente prorogato i prestiti dopo il lockdown – ai partner – Consorzio delle Residenze Reale Sabaude, Fondazione Compagnia di San Paolo, Intesa San Paolo – va ancora una volta il grazie della Fondazione 1563. Una riconoscenza che abbraccia i curatori Michela di Macco e Giuseppe Dardanello, le brave assistenti curatoriali, Cecilia Veronese e Camilla Parisi con il gruppo di ricerca di storiche dell’arte e Chiara Gauna per il contributo alla curatela del catalogo e della mostra.

Reggia di Venaria